I nativi digitali
Il termine “nativi digitali” è stata coniato da Mark Prenski nel 2001 e definisce la generazione dei nati a partire dal 1990, generazione immersa nelle ICT fin dalla prima infanzia.
Questi nativi digitali sono nostri allievi e saranno gli adulti di domani. Crescendo con la tecnologia giocano coi videogiochi, frequentano i social-network”, consultano il web in modo personalizzato (vedi post precedente) e usano vari sistemi ICT che li collegano in continuità.
Per comprendere questa generazione che noi docenti affrontiamo, scolasticamente parlando, con metodologie e strumenti tradizionali – che non rinnego ma che ritengo parzialmente superati – invito a vedere l’interessante filmato con interventi di:
- Garry Small, Neuroscenziato, UCLA
- Giovanni Boccia Artieri, docente New Media, Università “Carlo Bo” di Urbino
- Antonio Fini, prof. Tecnologie Educazione
- Paolo Ferri, prof. Tecnologie Didattiche (vedi post)
- Howard Rheingold, scrittore e insegnante (vedi suo twitter)
A cura di Livia Iacolare e Giacomo Cannelli, “Generazione facebook“, pubblicato da current.it
Un ottimo filmato utile per inquadrare la tematica inerente ai nativi digitali e per comprendere le modifiche che essi potrebbero apportare, in prospettiva, all’insegnamento tramite le ICT.
Nativi digitali
Tale termine fu coniato nel 2001 da Mark Prensky ed utilizzato per identificare i nati tra il 1990 ed il 2000, poiché questi ultimi sono cresciuti con la nuova tecnologia.
Prensky arriva a dedurre che esiste un nuovo linguaggio ed un nuovo modo di organizzare il pensiero in base al Multitasking, l’ipertestualità e l’interattività.
La soluzione è semplice: genitori e insegnanti possono solo imparare questo nuovo linguaggio.
Del resto alcuni studi hanno dimostrato che il cervello non è immutabile ma cambia e si riorganizza costantemente sulla base degli stimoli ricevuti, quindi i ricercatori hanno dedotto che usare la tecnologia equivale ad affermare di usare in modo diverso le proprie capacità cognitive e sviluppare di conseguenza nuove abilità.
Se pensiamo che i giovani attualmente sono immersi in queste tecnologie l’unica possibilità che possiedono per colmare il gap è aggiornare le nostre capacità tecnologiche.
I ragazzi che incontriamo a scuola percepiscono la rete come centrale nelle loro esistenze.
Internet è un vero e proprio mezzo per terminare conversazioni iniziate in aula, studiare, fare delle ricerche, guardare la televisione, scaricare,….. Essi percepiscono la rete come uno spazio dove possono coltivare i loro interessi.
I nativi digitali hanno una comunicazione bidirezionale attiva tra pari; cio’ permette di dedurre che questi ultimi sono in grado di produrre (produrre testi, produrre siti e pagine web) e collaborare tra loro per approfondire e migliorare le proprie conoscenze.
Altri ricercatori invece hanno deciso di verificare tutti questi requisiti posseduti dai giovani; sono giunti alla conclusione che questo cambiamento è molto meno evidente di quanto i media stiano cercando di farci credere. La ricerca ha evidenziato una bassa familiarità ed uno scarso uso degli strumenti del web fra i giovani, questo perché in realtà la presunta abilità o consapevolezza nel produrre testi, nonché uno spirito di collaborazione e condivisione tali rimangono: cio’ significherebbe che siamo in presenza di un ennesimo “falso mito”.
Riporto cinque estratti (accompagnati da link) che mettono in dubbio le tanto acclamate capacità dei nativi digitali:
1- “nonostante si dia per scontato che i ragazzi vivano immersi nella tecnologia, il reale uso è ancora molto tradizionale (scrittura, email, navigazione web); 2) la produzione di contenuti è un fenomeno limitato; 3) le differenze di skills all’interno della “generazione” giovanile sono le stesse esistenti tra le diverse generazioni. Gli autori ripropongono il concetto di moral panic (Cohen, 1972) per indicare come questo fenomeno dei nativi digitali sia enfatizzato dai media e anche da parte del mondo accademico, senza reali evidenze scientifiche e con toni spesso drammatici sull’inadeguatezza della scuola e degli insegnanti davanti a questa ipotetica “generazione” ”. http://www.fininformatica.it/wp/il-mito-dei-nativi-digitali/
2- “Antonio Fini ha ragione quando afferma che i ragazzi hanno spesso una padronanza molto limitata del pc e soprattutto della navigazione sul web. Alcuni sanno fare ben poco, altri di più, ma praticamente tutti non possiedono il controllo del mezzo. E allora è giusta la sua considerazione finale: bisogna guidare innanzitutto i ragazzi alla gestione e al corretto sfruttamento delle risorse offerte dal nuovo mezzo”. http://liberidallaforma.blogspot.com/2009/04/i-nativi-digitali-esistono-ma-ce-chi-e.html
3- “Gianni Marconato, che giustamente richiama l’attenzione su un grave problema della scuola: al di là della questione dei nativi digitali, resta il fatto che i docenti attuali non sanno confrontarsi con le esigenze dei ragazzi del nuovo millennio”. http://liberidallaforma.blogspot.com/2009/04/i-nativi-digitali-esistono-ma-ce-chi-e.html
4- “La mia impressione è che paradossalmente toccherà proprio agli immigrati digitali fornire le giuste chiavi di accesso al
mondo rinnovato dalla neo-tecnologia digitale. E d’altra parte quel mondo digitale l’hanno creato proprio coloro che oggi
sono definiti immigrati digitali.
Insomma.
I nativi digitali esistono ma… c’è chi è più nativo di loro.
Antonio Saccoccio” http://liberidallaforma.blogspot.com/2009/04/i-nativi-digitali-esistono-ma-ce-chi-e.html
5- “ “Soltanto per caso e per semplice coincidenza – raccoglie tanta di quella gente! – la scuola può essere il laboratorio di
nuove verità. Essa non è, per sua natura, una creazione, un’opera spirituale ma un semplice organismo e strumento
pratico. Non inventa le conoscenze ma si vanta di trasmetterle. E non adempie bene neppure a quest’ultimo ufficio –
perché le trasmette male o trasmettendole impedisce il più delle volte, disseccando e storcendo i cervelli ricevitori,
il formarsi di altre conoscenze nuove e migliori”.Giovanni Papini, tratte da Chiudiamo le scuole (1 giugno 1914)”.
http://liberidallaforma.blogspot.com/2008/01/didattica-dalla-trasmissione-alla.html
Altri siti interessanti sono:
http://www.facebook.com/capitaledigitale sono appassionati di tecnologie che vedono in internet un mezzo utile per approfondire le conoscenze in base ai propri desideri e ritmi.
Internet permette di interagire ed avere l’insegnamento tra pari.
http://www.corriereuniv.it/2009/03/nativi-digitali-20-la-scuola-vecchia-li-annoia
http://www.netfuturismo.it/scuola_futura.php
Tutte queste fonti avevano indirizzato il mio pensiero, ma per essere sicuro e fugare ogni dubbio ho deciso di parlare con i diretti interessati, gli studenti. In tal senso ho compiuto una mini indagine in una quarta media. Gli aspetti importanti emersi sono: conoscono il web2.0 (facebook, netlog, myspace utilizzato per comunicare con gli amici e mostrare le proprie fotografie), si tengono aggiornati sui gossip, utilizzano itunes per scaricare film e musica, anche se prediligono programmi quali lime o emule, conoscono pochi vocaboli inglesi comunemente usati da chi lavora in rete, si sanno tutelare dagli estranei e dai pericoli della rete che potrebbero rovinare il computer.
Percepiscono la rete come uno spazio dove possono coltivare i loro interessi senza l’intromissione degli adulti, dato emerso da una domanda diretta, ovvero come percepivano la richiesta di amicizia su facebook da parte di un parente o di un adulto, la risposta è stata “vogliono invadere i nostri spazi per controllarci”.
Inoltre ho potuto notare una spartizione degli spazi in rete in base all’età.
Penso che i social network siano effettivamente utilizzati solo come un mezzo per mettere in mostra la propria immagine, le proprie storie ed avventure.
In tal senso gli educatori in generale dovrebbero prendere coscienza dei blog, dei wiki, dei forum, delle chat e rivederle per dare un senso maggiore alle attività che i ragazzi svolgono in classe.
L’ambiente digitale, oltre ad essere potenzialmente utile per avere l’attenzione dei ragazzi, è anche una possibile via per aumentare il bacino delle persone che hanno accesso al sapere.
I ragionamenti che si possono fare sono tanti ma alla fine un insegnante deve saper principalmente ascoltare i propri studenti per capire le loro richieste ed eventualmente usarli per suscitare l’interesse e permettere loro essere piu’ coinvolti.
E le scuole?
Le scuole ticinesi si aggiornano e si tengono al passo con le tecnologie richieste dai ragazzi nel modo corretto, andare piu’ velocemente vorrebbe solo dire seguire la massa ed i media, senza tenere in debito conto i ragazzi che abbiamo davanti tutti i giorni.
Sicuramente internet e le sue innumerevoli fonti dovranno essere sempre piu’ integrate nelle scuole per giocare in futuro un ruolo centrale ma rispettando i tempi e i modi corretti affinché il tutto sia organizzato e strutturato per essere sicuro.
By Flavio
Il filmato concernente i nativi digitali coglie bene le problematiche con cui si devono confrontare i docenti. Da un lato ci sono docenti che considerano i mezzi informatici come fonte di distrazione per gli allievi, oppure non hanno abbastanza conoscenze techniche per utilizzarli nel loro insegnamento, dall’altro ci sono molti docenti che sono interessati nell’impiego di quest’ultimi ma spesso ritengono che questa nuova maniera di insegnare richieda tempi di preparazione troppo lunghi e complessi. Eppure, come vien ben dimostrato dal filmato, non è più possibile insegnare mediante modalità tradizionali, visto che, come afferma Howard Rheingold, queste non riescono più a catturare l’interesse di allievi ormai abituati alle grandi opportunità che offrono i nuovi media.Come ben emerge dal filmato, i nativi digitali hanno sviluppato un nuovo linguaggio utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione ed è quindi fondamentale che l’insegnante impari quest’ultimo e trovi nuovi metodi per insegnare, i quali permettano ai ragazzi di apprendere meglio e diano loro l’opportunità di sviluppare nuove capacità cognitive.Difatti, come afferma Paolo Ferri nel filmato,gli immigrati digitali avevano un tipo di apprendimento completamente diverso (ovvero apprendimento per assorbimento) rispetto ai nativi digitali, i quali, grazie anche all’utilizzo dei videogiochi,sono abituati alla modalità di ricerca ed esplorazione per acquistare nuove conoscenze. Quindi è fondamentale proporre durante l’insegnamento attività che favoriscano questo tipo di apprendimento. In particolare penso a mezzi come il webquest, che permettono agli allievi di attuare proprio questa modalità di apprendimento. Come afferma Rheinholds è anche importante portare le lezioni fuori dall’aula e permettere che gli allievi possano avere discussioni online con i compagni e non unicamente con l’insegnante. Questo sarebbe anche un’opportunità per ritornare su ciò di cui si è parlato in classe e favorirne quindi l’apprendimento. Inoltre il fatto che gli allievi debbano pubblicare un testo in rete leggibile da un vasto pubblico, di certo aumenta anche la loro motivazione e quindi l’impegno dedicato al compito.
L’utilizzo dei mezzi informatici rappresenta quindi una grande opportunità per l’insegnamento. Tuttavia l’utilizzo di questi mezzi richiede anche una grande attenzione da parte degli insegnanti, dato che, come sottolinea Paolo Ferri, i contenuti che si possono trovare in internet sono spesso superficiali e presentano molte lacune rispetto ai libri o alle enciclopedie. Quindi è importante che l’insegnante sia conscio di questo fatto e aiuti gli allievi a trovare informazioni pertinenti e corrette indirizzandoli sui siti giusti. Coniugando l’uso delle nuove tecnologie con i vecchi contenuti scolastici, l’insegnante può rendere più interessante e motivante la sua lezione.Quindi l’utilizzo dei nuovi media non è da vedere come un cambiamento radicale dell’insegnamento ma come completamento di questo e come opportunità per migliorare l’apprendimento degli allievi. Per permettere questo però, come sostiene Gary Small, bisogna prima di tutto aggiornare gli immigrati digitali e quindi anche i docenti per far sì che conoscano le opportunità che offrono i nuovi media e che quindi possano impiegare questi nel loro insegnamento.
Buongiorno a tutti,
ho visionato con molto interesse il video proposto in questo spazio, rimanendo affascinato, per così dire. È innegabile. Le scienze informatiche e le innovazioni tecnologiche hanno rivoluzionato il mondo e il nostro modo di approcciarci ad esso. Ormai poco o nulla viene fatto senza un computer o supporto elettronico, dal semplice acquisto previo carta di credito alla navigazione in internet, tutti (o quasi) siamo confrontati con le scienze “moderne”. Un bel passo avanti, non c’è che dire. I vantaggi positivi che derivano dalla tecnologia sono innegabili. Ma…
La tecnologia a scuola. Chiamatemi nostalgico, chiamatemi retrò… ma credo che per alcune materie, il vecchio sistema sia il migliore. Parlo per la mia materia di riferimento, l’italiano. Quello che noto spesso ultimamente, è un uso spropositato di internet e del “copia-incolla” per la redazione di componimenti, di relazioni, di progetti. Il problema che ne deriva è l’assenza di una ricercatezza sia a livello contenutistico che linguistico. Spesso gli stessi allievi non sanno commentare il testo che hanno prodotto, proprio perché non attenti alle fonti che trovano in internet (nei vari motori di ricerca). La facilità a trovare documenti online è talmente acquisita, che al momento in cui viene chiesto loro (agli studenti) di compiere una ricerca su supporto cartaceo (libri, riviste,…) si trovano in difficoltà!
Per questo motivo, concordo con Claudia, sull’importanza che il docente ricopre nell’insegnamento all’utilizzo dei supporti informatici. Bisogna saper spiegare agli studenti come utilizzare al meglio questi strumenti, Per questo, credo sia utile formare li stessi docenti con dei corsi appositi, per l’utilizzo delle ICT in ambito scolastico.
Ma… continuate a chiamarmi nostalgico… un buon libro…
I ragazzi a scuola si annoiano.
Il problema vero è che nulla riesce a competere in termini di stimoli con quanto offerto dalla tecnologia.
Un videogioco di oggi, realissimo e velocissimo, non ha rivali, nulla appare altrettanto attraente.
I continui stimoli a cui siamo sottoposti tutti fanno apparire il resto insipido e banale, figuriamoci una lezione di matematica!!
La ripetizione di esercizi, necessaria per apprendere dei concetti nuovi, diventa mortalmente noiosa!
Davanti ad un monitor i ragazzi sembrano risvegliarsi, ritrovare qugli stimoli forti a cui sono abituati.
Noi docenti siamo in grado di utilizzare in un modo corretto quanto ci viene offerto su un piatto d’argento dalla tecnologia? E’ un’arma potentissima quella che abbiamo in mano e che forse proprio per questo temiamo di usare.
Non ci viene insegnato come utilizzare le nuove tecnologie con gli allievi, siamo abbastanza lasciati liberi di scegliere se usarle o meno, come e cosa usare e questo ci spaventa.
Il Piano di Formazione è dettagliatissimo su quando e su come insegnare qualsiasi argomento nuovo, ma solo pochissime indicazioni riguardano l’utilizzo di software specifici e direi nessuna indicazione sull’uso di internet&Co in classe. Lasciati liberi, ma anche soli, l’arma potentissima fa paura e tanti scelgono di non usarla, soprattutto chi non la conosce già.
I ragazzi ne sanno più di noi e a nessuno piace trovarsi in difficoltà davanti agli allievi, quindi si sceglie di non mettersi in gioco e quindi non si impara mai ad utilizzare quste nuove tecnologie. Io credo che noi docenti avremmo bisogno di tanta formazione specifica sulla materia, di laboratori, di assistere noi stessi a lezioni “piene” di nuove tecnologie, di trovarci e confrontarci con chi quotidianamente le usa per insegnare. Avremmo bisogno di prendere tanta confidenza, ma le ore dedicate alla nostra formazione in questo campo rimangono pochissime.
Ho guardato con interesse il filmato “generazione facebook”, che ritengo realizzato molto bene e con validi contenuti.
La generazione dei nativi digitali è cresciuta in un ambiente pienamente digitale dove internet, videogiochi, smartphone e social network sono parte integrante della loro vita.
Ma quali sono le implicazioni a livello sociologico, psicologico e cognitivo del crescere ed apprendere in un ambiente digitale? e ancora… quanto i nativi digitali sono diversi dai loro padri, i cosiddetti immigrati digitali?
I nativi digitali, nel tempo libero, interagiscono ottimamente e senza sforzo con i nuovi media e le tecnologie e ne danno per scontata l’esistenza. Quando essi varcano il portone della scuola, vengono però catapultati indietro nel tempo: l’approccio “libresco” degli adulti immigrati digitali, ancora non pienamente integrati nelle tecnologie, li annoia e non li stimola adeguatamente.
Tra i due mondi, c’è una sorta di baratro, e sino a quando non si creerà un ponte su di esso, le due comunità faranno fatica a comprendersi.
Un affollato dibattito su questo tema si è tenuto quest’anno presso la Fast di Milano, appassionando studenti e insegnanti, ovvero nativi e immigrati. Illuminante il paragone di Paolo Ferri per mostrare, a suo modo di vedere, i limiti della scuola di oggi: «Quando negli anni ottanta ci si recava nella Germania dell’Est, avevamo la sensazione di tornare indietro di trent’anni. È la stessa sensazione che hanno ogni giorno i nostri figli quando entrano a scuola. Noi incontravamo gli amici al bar, loro vanno su Facebook».
Non è un fenomeno marginale se oltre 60.000.000 adolescenti e preadolescenti statunitensi hanno un sito, una loro identità online su Facebook o MySpace. I nativi digitali pongono un problema a noi figli del libro e immigrati digital: come stabilire un linguaggio comune? come entrare in contatto nella scuola ma anche nella vita con loro?
Come sostengono Claudia e Daniel, bisognerebbe aggiornare gli immigrati digitali e quindi anche i docenti, affinchè si conoscano le opportunità che offrono i nuovi media e come queste possono venire impiegare nell’insegnamento…purtroppo con la sola buona volontà non possiamo andare tanto lontano…
A tal proposito ho trovato interessanti le seguenti discussioni: http://relazioninelweb.blogspot.com/2006_02_01_archive.html che tratta dei docenti immigrati digitali e http://relazioninelweb.blogspot.com/2006_02_01_archive.html intitolata scuola liquida e riferita ad una scuola non adatta alle nuove generazioni.
Sono d’accordo con quanto scritto dai miei colleghi. Al giorno d’oggi non si può negare l’importanza e la potenza dei mezzi tecnologici e la presenza di mezzi elettronici nella vita di tutti. Gli immigrati digitali hanno dovuto adeguarsi a questa nuova tendenza e modificare le loro abitudini e il modo in cui erano cresciuti per adattarsi al meglio a questo nuovo mondo. I nativi digitali invece sono nati quando queste tecnologie erano già presenti e quindi è stato naturale per loro crescere con internet e tutto quello che comporta (http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/digitali-dalla-nascita.php ). In realtà però penso che il fatto di avere a disposizione tutte questi mezzi non comporta necessariamente il fatto di essere competente nell’uso consapevole delle tecnologie digitali. La maggior parte dei nativi digitali usa questi mezzi in modo superficiale e non li sfrutta come si potrebbe. In questo la scuola potrebbe avere un ruolo importante e utile, indirizzando i ragazzi a formarsi una vera competenza digitale e “educando” anche in quel senso. Non si può certamente fare finta di non vedere il cambiamento e continuare a proporre lo stesso tipo di insegnamento che veniva proposto in passato. Bisognerebbe cercare invece di trovare il modo di integrarle nel programma. È vero però che può non essere sempre facile confrontarsi con le esigenze dei nativi digitali. Bisogna cercare di stimolarli in altro modo da quello classico che è stato usato finora. E sono d’accordo con Sara sul fatto che bisognerebbe formare i docenti anche in quel senso.
I nativi digitali
I nativi digitali sono una generazione, che sin dalla nascita ha l’opportunità di confrontarsi con le nuove tecnologie. Televisione, Computer, Videogiochi Telefonini sono ormai parte integrante del loro mondo e costituiscono la loro quotidianità. Basta recarsi in una scuola elementare o superiore per capire l’evoluzione del loro utilizzo. Bambini muniti di cellulare che chiamano i loro genitori, ragazzi che ascoltano la musica con gli ultimi modelli di mp3, ragazzine che si scattano foto che verranno in un secondo momento pubblicate sui loro account personali.
La differenza è netta: i giovani di adesso hanno una maggior dimestichezza con le tecnologie rispetto agli adulti. Questo però non significa che bisogna dare per scontata la loro conoscenza e competenza in ambito digitale. Ci sono sempre più ragazzini che chattano e pubblicano cose personali sul web e molte volte non sono a conoscenza dei vari pericoli che possono incontrare. Bisognerebbe quindi guidarli alla gestione e al corretto sfruttamento delle risorse offerte, dato che un numero consistente di genitori non è in grado di istruire i loro figli in questo ambito in quanto le loro conoscenze sono inferiori.
Allo stesso tempo però bisognerebbe sensibilizzarli al contatto umano, che purtroppo con il passare del tempo si sta perdendo. È importante fargli capire come sfruttare al meglio questa grande tecnologia loro disponibile e facilmente accessibile.
I bambini di oggi sono il nostro futuro ed è nostro interesse dare loro un istruzione sana, ricca di buon senso e umanità.
Nativo digitale termine dato da Mark Prenski nel 2001 che viene applicato ad una persona che è nata e cresciuta con le tecnologie come i computer, internet, telefoni e mp3 (generazione 1990-2000).
Per contro “immigrato digitale” si applica ad una persona che è cresciuta prima delle tecnologie digitali e le ha adottate in un secondo tempo.
A mio avviso la generazione dei nativi digitali (ND) nuota con facilità nell’acqua alta del settore informatico, ma rischia poi di affogare nella pozzanghera dei problemi della vita comune. Per i ND è spontaneo l’avvio di procedimenti schematici per la ricerca di soluzioni.
Questo maggior rigore non è dovuto neccessariamente a mancanza di iniziativa individuale o capacità; al contrario nel settore il genio si distingue, i limiti per il ND sono rappresentati dalla necessità di rispettare regole matematiche che caratterizzano l’informatica.
Seguendo la terminologia io non rientro nei ND perché sono nata nel 1989, ma sono più vicina a questa generazione che a quella degli immigrati digitali.
I nativi digitali quando ricevono un nuovo oggetto tecnologico, spesso non hanno bisogno di leggere il libretto d’istruzione per usarlo, un imigrato digitale invece sì. Altro esempio un nativo digitale parlerà della sua nuova macchina fotografica mentre un immigrato digitale parlerà della sua nuova macchina fotografica digitale.
Vedo questa cosa non tanto su di me, ma sui miei fratelli e sui miei cuginetti, nativi digitali. Non hanno bisogno di nessuna spiegazione, sembra che sappiano esattamente cosa devono fare quando si trovano davanti uno nuovo strumento tecnologico, e alla domanda: “ma l’hai già usato?” ti rispondono: “ma no, ma è facile”.
Fin da piccolissimi già con telefonini, telecomandi, videocamere in mano. Già alle scuole dell’infanzia i bambini sono in grado di usare televisori, lettori dvd e computer. Ci si chiede: “come saranno da adulti?”.
Non tutti i sociologi sono dell’idea che la terminologia “nativo digitale” sia corretta. Per esempio non tutti concordano sul fatto che i nativi digitali abbiano una maggior dimestichezza con la tecnologia a differenza degli adulti. Bisogna infatti ricordare che l’universo digitale è stato creato dagli immigrati digitali.
Sarà difficile capire questa generazione, per essa le emozioni non sono vissute, ma rappresentate. Le relazioni verranno tutte tecnomediate? Si crede di sì, sarà quindi complicato per gli immigrati digitali comunicare con essa. La rete muterà ancora ulteriormente per alimentare le passioni e i modi di socializzare di questa generazioni sempre più in crescita.
Finirò per dire la stessa frase che spesso mia nonna pronuncia: “sono nata troppo presto!”
Immigrati digitali?
Buon giorno a tutti
Ho visionato il filmato e letto con interesse i vari commenti. Moltissimi sono gli spunti, ne vorrei riprenderne solo alcuni rilanciando qualche osservazione senza nessuna pretesa di esaustività.
Premetto che ho una certa dimestichezza con l’informatica e i computer. Sono compositore, scrivo musica per colonne sonore, documentari, balletti ed eventi vari. Scrivo sia per orchestra tradizionale che per “virtual orchestra” – Le recenti tecnologie informatiche hanno infatti reso oggi possibile una simulazione realistica di strumenti ed ensemble tradizionali con risultati davvero sorprendenti. Le orchestre virtuali – un computer che emula un’orchestra di dimensioni sinfoniche o in grado di generare suoni inediti che non assomigliano nemmeno lontanamente a quelli dell’orchestra – hanno trovato negli ultimi decenni, un numero infinito di occasioni per essere utilizzate, alla radio, alla televisione, nel cinema –. Il computer e l’utilizzo di determinati software sono indispensabili nel mio lavoro molto di più del pianoforte che prende polvere nel mio studio. Inoltre nel corso di Laurea ho sostenuto alcuni esami in cui si apriva materialmente un computer per smontarlo e rimontarlo allo scopo di studiarne i vari componenti ed il loro funzionamento. Questo solo per dire che ritengo il computer uno strumento di lavoro di cui oggi non si può davvero fare a meno e non ho nessuna intenzione di “incriminare” questo utilissimo “collaboratore”.
Nativi digitali 2.0 – “nativi digitali”, termine passabile ma “immigrati digitali” è davvero orrendo, solo su questo si potrebbe discutere, si riascolti anche l’inizio dell’intervista a Giovanni Altieri (06.35 nel filmato) -, la scuola li annoia, appena varcano il portone della scuola vengono catapultati indietro nel tempo di trent’anni: l’approccio “libresco” degli adulti – “immigrati digitali” ancora non pienamente integrati nelle tecnologie – li annoia e non li stimola adeguatamente. “Chattare” ed essere connessi tutto il giorno alla rete, mangiare davanti al computer e riprendere con gli amici di scuola quelle conversazioni che avevano cominciato sui banchi, “messaggiare” per darsi appuntamenti … anche questo è essere nativi digitali. Abituati a comunicazioni velocissime – si veda un videoclip o alcuni messaggi pubblicitari – non stupisce che nasca un certo disagio a rimanere seduti dietro un banco e ascoltare “passivamente” la lezione di un docente. Tutti genietti del computer, dunque? (Lascio sospesa la risposta, si riascolti l’eloquente intervista ad Antonio Fini – 11.00 circa del filmato). L’uso delle tecnologie è davvero così sempre abile e consapevole da parte di questi utenti? Collaborano in rete in modo appropriato? Comunicare in rete con questi nuovi mezzi non è una capacità innata che deriva dall’essere nati in una certa generazione o meno. Comunicare? Si nota una sorta di “esibizionismo”; più che voglia di condividere – condividere contenuti culturalmente e moralmente a volte discutibili – è voglia di mostrarsi, di apparire.
Non intendo dire che non esistono giovani abilissimi con le tecnologie ma sostengo che non si tratta di una “generazione”! Vi sono differenze, anche marcate, ed è proprio la scuola che dovrebbe colmarle. Che poi siano saltati molti “schemi” dell’educazione “tradizionale” è un altro discorso: basti pensare all’alleanza tra scuola e famiglie …Il parlare di nativi digitali in maniera così diffusa, a mio avviso, dovrebbe essere considerato però positivamente. Questo perchè sarebbe, forse, la prima volta che la scuola si pone in anticipo rispetto ai bisogni che si manifesteranno nel prossimo futuro, con docenti in grado di aiutare questi ragazzi ad utilizzare la rete in modo efficace per lo studio e il lavoro.
La esagerazione nell’utilizzare il termine “digital natives”, adesso non ha riscontri sociologici (almeno in Italia, per quanto mi è dato di conoscere) ma non è detto che il fenomeno si manifesti improvvisamente. A quel punto è meglio essere preparati.
Concludo con una citazione ripresa da
http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/09_maggio_26/generazione_nativi_digitali_782e5b90-49e9-11de-8785-00144f02aabc.shtml
Per la generazione dei nativi digitali, che in questi anni sono ancora sui banchi di materna ed elementare, «le emozioni non sono vissute, ma piuttosto rappresentate” ha spiegato all’agenzia Adnkronos Salute Tonino Cantelmi, docente di psichiatria dell’Università Gregoriana di Roma e presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici. «Abbiamo esaminato un vasto campione di bimbi, nati a partire dal 2002. Concentrandoci sulle caratteristiche dei nativi digitali, figli della “generazione di mezzo” e nipoti dei “predigitali” – chiarisce lo psichiatra, che a questo tema ha dedicato un libro, «L’immaginario prigioniero» (Mondadori), scritto con la psicoterapeuta Maria Rita Parsi – Questi piccoli hanno un apprendimento più percettivo e meno simbolico, e sono dotati di abilità viso-motorie eccezionali. Una volta adulti – aggiunge – saranno spesso uomini e donne incapaci cioè di riconoscere le emozioni interne, ma abilissimi a rappresentarle»
Auguro a tutti, immigrati digitali e no, un sereno 2010
Angelo
Sono nata nel 1990 e non mi sento una nativa digitale.
Sono cresciuta giocando nei campi di Cugnasco con i miei amici, costruendo capanne con mio fratello e rubando gli ossi al mio cane.
E come me molti altri.
Ho iniziato ad avere a che fare con le tecnologie come computer e telefonini a partire dalla terza o quarta media. Il mio primo telefonino l’ho ricevuto all’inizio della quarta media e ho iniziato a conoscere il mondo di messenger a fine medie. Mi sono iscritta a FaceBook in quarta liceo e ho ricevuto il mio primo portatile a 19 anni. Prima sfruttavo quello di mio padre.
Non mi sento quindi per niente una nativa digitale.
Oggi vedo ragazzini di 11 anni con l’iphone, connessi a messenger 24 ore su 24, iscritti a FaceBook, Netlog, MySpace, ecc.. .
A mio modesto parere i nativi digitali non partono sicuramente dagli inizi anni 90 ma almeno da metà anni 90.
Ogni anno che passa le tecnologie avanzano, i ragazzi che cominciano a prendere contatto con esse sono sempre più giovani, il mondo di internet non è più un tabù. I giovanissimi ne fanno un uso sproporzionato inconsapevoli dei rischi e per i genitori diventa quasi impossibile controllarli. Non ci sono limiti, non ci sono barriere. Tutto è aperto a tutti.
I nativi digitali di oggi che persone saranno domani?
Incapaci di differenziare la realtà dal web, immersi per ore nella corrente di internet. Corrente che può essere positiva per moltissimi aspetti ma che pochi sanno lasciarsi trasportare senza farsi male.
Non metto in dubbio che internet e tutto ciò che ci offre e ciò che ne deriva sia una grande invenzione. Io per prima lo sfrutto molto.
L’unico problema di essere dei nativi digitali oggi, è che nessuno è più in grado di controllare le acque del web, per cui la navigazione può diventare troppo spesso pericolosa.
Sta a noi impedire che il nostro futuro venga sommerso dalle ICT in modo negativo.
Ho trovato molto interessante il documento filmato su i nativi digitali. I nostri allievi, i nostri figli sono nati immersi nella tecnologia digitale. Per loro non ha segreti, si sentono a loro agio, sicuri, affrontano un nuovo software con naturalezza…e noi vorremo tanto trovarli così motivati su i banchi di scuola davanti ad un nuovo argomento da affrontare.
Ma questa generazione di “nativi digitali” dovremmo ricordare che non é “orfana digitale”! Non sono soli, noi ci siamo. Come docenti ci proponiamo ad accompagnarli nella loro costruzione di conoscenze, ed é compito nostro – noi “immigrati digitali” – di guidarli ad un uso delle ICT in maniera più intelligente (nel senso piagetiano trovare quell’equilibrio armonico tra assimilazione e accomodamento). Spesso le loro conoscenze dei mezzi informatici si fermano ad un uso ludico del mezzo oppure un prolungamento dei rapporti con i loro coetanei da casa attraverso i diversi social network (l’abbiamo appurato attraverso il questionario svolto nelle sedi scolastiche).
Penso che il nostro ruolo – docenti di nativi digitali – sia quello di fare da mediatori tra questi ragazzi e i mezzi che hanno a disposizione in una interazione costante nei percorsi pedagogici e quello che ormai é parte della nostra cultura, l’uso delle ICT.
l prof. Marc Prensky ha per primo usato il termine “digital native” e parla di ragazzi che probabilmente hanno già un cervello diverso dal nostro. Sicuramente sarà così ma mi sembra si fidi poco delle nostre capacità di docenti dopotutto siamo “immigrati digitali” ma di “2° generazione”.
Ecco il testo del professore:
http://www.marcprensky.com/writing/Prensky%20-%20Digital%20Natives,%20Digital%20Immigrants%20-%20Part1.pdf
buon anno a tutti!
Sono dell’avviso che i nativi digitali partono da un paio d’anni dopo la nostra generazione del 1990, verso il 1993-1994 circa; noi siamo nativi digitali ma “tardivi” perché siamo approdati nel mondo digitale soltanto più tardi rispetto a questa fascia d’età.
Le generazioni future già da appena nate sono immerse all’interno della tecnologia, e ciò ritengo che sia un bene e un male.
Un bene in quanto oggi giorno sempre più cose sono legate alla tecnologia, sempre più oggetti sono in internet,… e se insegniamo ai bambini fin da subito come funziona, potranno sicuramente muoversi al meglio all’interno della società, con più praticità e semplicità.
Inoltre trovo sia importante per quanto riguarda lo scambio di informazioni perché in questo modo è molto più rapido e diretto.
Nonostante io utilizzi regolarmente internet, le tecnologie e quant’altro, ritengo che sia un male utilizzarle fin da piccoli.
Utilizzandolo si perdono cose reali della vita quotidiana, come per esempio il giocare fuori all’aria aperta, lo scrivere lettere e l’attesa della risposta, il parlare con le persone, il leggere i libri in biblioteca, e molte altre cose.
Con ciò non voglio dire che voglio eliminare internet (perché personalmente mi sentirei persa), ma bisognerebbe evitarlo coi bambini piccoli, fargli conoscere questo mondo il più tardi possibile per non fargli perdere la propria gioventù.
Questo posso confermarlo perché ho un conoscente che fin dall’età di 6 anni è stato “buttato” dai genitori all’interno del vasto mondo tecnologico; egli era attaccato ai videogiochi tutto il giorno. Ora frequenta la scuola media e si trova in difficoltà nella socializzazione con gli altri ragazzi.
È ormai ovvio che questo concetto del nativo digitale andando verso questa direzione, dove tutti i bambini fin all’età di 6-7 anni hanno il computer, il cellulare, Messenger,…, non potrà portare nulla di buono, siccome questi bambini non riusciranno a distinguere ciò che è vero da ciò che è virtuale, così basando tutta la loro vita su qualcosa di non palpabile e ritrovandosi persi in tutto questo mondo.
La colpa di tutta questa digitalizzazione non è solamente nostra che la utilizziamo, ma è soprattutto colpa della società che ci circonda, perché se vogliamo vivere in essa siamo obbligati a utilizzarla.
Per fermare tutto ciò è troppo tardi, ma possiamo diminuire un poco l’utilizzo. Per esempio si potrebbe digitalizzare solo alcune cose e non tutto,…
Concludendo dico che non è tanto il fatto di chiamare una generazione “nativa digitale”, ma il problema sta in che modo si potrebbe portare qualcosa di buono in tutto ciò, e cercare di impedire l’immersione completa all’interno delle tecnologie.
Personalmente non faccio parte dell’era dei “nativi digitali” perché sono nata nell’89, però mi ha colpita questo filmato, inoltre mi era già capitato d leggere dei nativi digitali in un altro ambito scolastico. Infatti l’esame di tedesco del liceo1 (2008/09) riguardava proprio questo tema.
Mi associo pienamente ad alcune delle cose già commentate da altre persone. Ad esempio che i bambini nati all’inizio degli anni ’90 non fanno ancora parte dei nativi gigitali. Ritengo che siano più vicini a questa terminologia i bambini nati a partire dalla metà degli anni ’90, cioè nati già immersi nella tecnologia.
Oggi ciò che vedo sono bambini delle elementari che maneggiano già con cellulari, ipod, iphone, internet, ecc, senza rendersi del tutto conto del potenziale (in senso positivo, ma anche negativo) di queste tecnologie.
Quando vado a trovare le mie amiche, trovo i loro fratelli più piccoli, delle scuole elementari o medie, che giocano con il computer o che chattano da ore davanti al computer.
Essere nati durante l’era tecnologiaca può rappresentare un vantaggio per questi bambini, soprattutto per quando diventaranno adulti, perché in ogni ambito lavorativo è necessario saper usare queste tecnologie, ma ci sono anche aspetti negativi che non devono essere sottovalutati.
Spesso i bambini non sono abbastanza sensibilizzati ai pericoli che potrebbero incontrare in internet, penso che per loro rappresenti più gioco. A volte i genitori sono incapaci di controllare i figli perché ne sanno meno di loro. A questo punto dovrebbe intervenire la scula, detentrice di una visione oggettiva della tecnologia. Infatti è bene che essa mostri i potenziali del computer, ma anche che metta in quardia gli allievi sui rischi, magari facendo vedere filmati come quelli fatti durante il cosro di multimendialità.
Il fatto che i giovani stiano per un tempo così prolunagato al computer mi rende difficile immaginarli in un futuro…come saranno questi bambini quando saranno grandi? Saranno in grado di differenziare la realtà virtuale dalla realtà reale?
Infatti è bene sapere che le due realtà sono molto diverse l’una dall’altra.
L’uso eccessivo di queste tecnologie provoca l’alienamento dei bambini: saranno in grado di socializzare con gli altri?
Abbiamo visto che se i nativi digitali, da un lato, sono facilitati in certi aspetti, dall’altro lato, andranno in contro anche a difficoltà che per i non nativi digitali non si sono presentate.