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educazione
ambientale
Definire
al giorno d’oggi il concetto di educazione ambientale presuppone
la presa di coscienza dell’esistenza di alcune crisi che potrebbero
coinvolgere tutto il nostro pianeta. Il problema demografico, i
cambiamenti dell’atmosfera e del clima dovuti all’azione
dell’uomo
(influssi antropici), l’uso poco equilibrato e troppo spesso dissennato
delle risorse terrestri rappresentano alcuni degli aspetti più
evidenti secondo Tiezzi (1),
di una crisi globale (ambientale, energetica ed economica) che ha alterato
tutto l’equilibrio ecologico
del nostro pianeta.
Le risorse terrestri sono state troppo a lungo ritenute inesauribili, la natura è stata sempre vista come un sistema in grado di riparare eternamente i danni subiti e l’uomo è sempre stato giudicato capace, con la propria abilità e le proprie tecnologie, di affrontare e risolvere i processi di squilibrio della Terra.
Le conseguenze negative e talvolta tragiche a cui stiamo assistendo di un tal modo di concepire il rapporto con l’ambiente necessitano un processo di mutamento e l’assunzione di nuovi paradigmi che permettano di definire e costruire un nuovo rapporto con la totalità dell’ambiente che ci circonda.
Occorre formare una seria cultura ecologica che consenta di vedere l’uomo non più come “essere privilegiato” autorizzato ad un uso indiscriminato dell’ambiente ma come parte integrante e costituente di una rete di relazioni tra tutti gli elementi di natura diversa (vivente e non vivente) che costituiscono la nostra realtà planetaria.
Ogni componente di questa rete, in relazione con tutti gli altri, contribuisce ad instaurare un equilibrio biologico globale il cui mantenimento risulta indispensabile per impedire una possibile drastica riduzione delle forme viventi (e quindi anche della vita umana) sulla Terra.
Si sa che piccole variazioni all’interno di questa rete di relazioni possono determinare effetti a catena, non lineari, in grado di causare enormi disastri ambientali
(1) TIEZZI E.: Il capitombolo di Ulisse, Feltrinelli 1991
Le risorse terrestri sono state troppo a lungo ritenute inesauribili, la natura è stata sempre vista come un sistema in grado di riparare eternamente i danni subiti e l’uomo è sempre stato giudicato capace, con la propria abilità e le proprie tecnologie, di affrontare e risolvere i processi di squilibrio della Terra.
Le conseguenze negative e talvolta tragiche a cui stiamo assistendo di un tal modo di concepire il rapporto con l’ambiente necessitano un processo di mutamento e l’assunzione di nuovi paradigmi che permettano di definire e costruire un nuovo rapporto con la totalità dell’ambiente che ci circonda.
Occorre formare una seria cultura ecologica che consenta di vedere l’uomo non più come “essere privilegiato” autorizzato ad un uso indiscriminato dell’ambiente ma come parte integrante e costituente di una rete di relazioni tra tutti gli elementi di natura diversa (vivente e non vivente) che costituiscono la nostra realtà planetaria.
Ogni componente di questa rete, in relazione con tutti gli altri, contribuisce ad instaurare un equilibrio biologico globale il cui mantenimento risulta indispensabile per impedire una possibile drastica riduzione delle forme viventi (e quindi anche della vita umana) sulla Terra.
Si sa che piccole variazioni all’interno di questa rete di relazioni possono determinare effetti a catena, non lineari, in grado di causare enormi disastri ambientali
(1) TIEZZI E.: Il capitombolo di Ulisse, Feltrinelli 1991
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