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Il bambino col pigiama a righe non è il protagonista del libro. Lo è un altro bambino, Bruno, che ha nove anni, vive felice a Berlino con la famiglia, ha amici con cui giocare. Improvvisamente la sua vita cambia. Bruno non capisce quanto capita, è in balia delle decisioni degli adulti. La famiglia si trasferisce in una casa in campagna e lui si sente solissimo. Dalla sua finestra vede un ampio spazio con stabili in mattone e camini, tutto circondato da una rete metallica.Bruno, troppo giovane, non capisce e suo padre, comandante del campo, non gli rivela nulla, tranne che gli è vietato accedere oltre la rete. Un giorno Bruno cede alla tentazione d’avvicinarsi al reticolato e conosce Shmuel, il bambino col pigiama a righe. Nasce un’amicizia segreta e intensissima. Quasi quotidianamente s’incontrano: dialoghi commoventi, spezzati dalla rete che separa i due ragazzini, accompagnano il lettore, fin che il forte legame d’amicizia li conduce allo stesso destino.
Insomma, Boyne narra l’Olocausto dal punto di vista d’un fanciullo tedesco immaginario, vittima a suo modo della follia nazista. Il linguaggio è semplice e scorrevole, ma il libro mi pare maggiormente adatto ad un pubblico adolescente o adulto, che sappia riconoscerne l’ambientazione. (Testo di Isabella Reggi, studentessa ASP II corso SE)

John Boyne, Il bambino con il pigiama a righe, Fabbri editori,  2006, 226 pag.