piccoli-brividi1Nelle discussioni che sono avvenute in parte in classe e in parte su questo blog è emerso come la lettura possa spesso fungere da vettore per emozioni forti quali la paura e del fascino che queste emozioni sembrano esercitare su adulti e bambini. Alcuni di voi hanno citato, tra i libri di avventura della propria infanzia, la collana “I piccoli brividi”. Si tratta di una collana nata negli Stati Uniti con il nome originario di Goosebumps (vale a dire “pelle d’oca”) composta da testi di R. L. Stin la cui prima pubblicazione (Welcome to Dead House) risale al 1972 ed è stata pubblicata in Italia con il titolo La casa della morte due anni più tardi. Il successo di questa serie è evidente: 61 volumi pubblicati nella prima serie (fino al 1999) e un’altra ottantina circa con la seconda serie (dal titolo Serie 2000).

Come spiegare questo interesse crescente per un genere letterario (l’horror) tradizionalmente escluso dalla produzione per l’infanzia? Valentina Paggi, nel suo saggio Quella fune sottile per Tarabithia. Raccontare la morte oggi, pubblicato in Contare le stelle. Venti anni di letteratura per ragazzi (CLUEB, 2007) sostiene una tesi interessante secondo cui questi libri assumono una funzione particolare nella nostra società in cui la morte, nei suoi aspetti più fisici e concreti, viene sistematicamente allontanata dalla dimensione di esperienza. I giovani lettori troverebbero nell’horror il materiale mancante attraverso il quale esorcizzare la morte e le paure ad essa legate e con il quale soddisfare, d’altro canto, il gusto della trasgressione che costituisce un importante aspetto evolutivo.

L’horror dunque come possibilità per riappropriarsi di un’esperienza negata? Cosa ne pensate?

soundPer terminare segnalo un’interessante intervista trasmessa da Lilliput (programma radiofonico dedicato ai libri per l’infanzia della RSI) in cui la psicoterapeuta Luisella Zucaro parla delle paure dei bambini e di come i libri rappresentino a volte un mezzo per affrontarle.