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l'argomentazione e la discussione argomentativa

 

 
 
Non basta lasciare alla spontaneità l’instaurarsi di scambi comunicativi. Occorre programmare attività intenzionalmente volte a tale scopo.
Tra i fattori che facilitano il processo di costruzione del sapere e il passaggio ad un livello superiore dell'organizzazione delle conoscenze, viene inclusa l'interazione sociale, intesa come collaborazione e reciproco confronto e, in quanto tale, come possibile fonte di un conflitto cognitivo (o meglio di un conflitto socio-cognitivo) (1) altamente funzionale al progresso conoscitivo.
Il meccanismo esplicativo di questo modello è quello della contrapposizione di opinioni e punti di vista. Perché ci sia una manifestazione di conflitto, è necessario che ci sia un'effettiva situazione problematica ed un conflitto che spinga al confronto di esperienze e conoscenze diverse.
Può essere il docente stesso a creare questo "conflitto", introducendo elementi di contrasto o d'opposizione, con controesempi o controargomenti (ruolo di catalizzatore) ma é soprattutto l’interazione tra “pari” a portare a risultati interessanti.
Nell'interazione tra pari i progressi sono possibili quando le differenze di livello cognitivo non sono "estreme" (si veda il concetto di Zona di sviluppo prossimale elaborato da Vigotskij). In questo caso non solo i soggetti di livello inferiore progrediscono, ma pure quelli di livello superiore.

Pontecorvo e Zucchermaglio avanzano anche la tesi del "sostegno sociale" oltre a quella del "conflitto". L'ipotesi posta da questi autori è che l'argomentazione ha un ruolo determinante nella costruzione del discorso scientifico, inteso come processo in corso.
La discussione è definita come una situazione nella quale si costruisce un ragionamento collettivo e una soluzione condivisa di un problema (la discussione collettiva può servire alla rappresentazione del problema, più che alla soluzione dello stesso).
L'utilità della discussione, secondo questa corrente, sta nel far apprendere in modo da saper riutilizzare ciò che si è imparato, nell'applicare le conoscenze per risolvere problemi nuovi, nel consentire un allargamento del campo concettuale, nello sviluppare le capacità di ragionamento (capacità di argomentare, apportare dei pro e contro una determinata idea). Il meccanismo che spiega la costruzione e lo sviluppo della conoscenza non riguarda il tipo di interazione bensì di sostegno sociale. Analizzando le discussioni in classe in presenza o in assenza del docente, Pontecorvo scopre due fenomeni: quello di sostegno/regolazione e quello di opposizione/asserzione. L'incrocio fra questi due fenomeni da luogo a quattro tipi di interazioni sociali: due caratterizzate dal sostegno e dall'accordo, le altre due dal conflitto e dall'opposizione.

















Relazione simmetrica: tra pari e/o individui di uguali competenze

Relazione asimmetrica: tra adulto e bambino, ma anche fra coetanei con competenze diverse, dove uno funge da guida e da maestro
Nella pratica didattica si terrà quindi conto di queste quattro categorie di interazione (precisando che esse non vanno nettamente distinte, ma che possono interagire tra di loro), per poter scegliere quelle più appropriate agli obiettivi prefissati:
tutoring: per focalizzare e delimitare un problema, facilitandone la soluzione.
co-costruzione: per costruire pezzo per pezzo il quadro del problema, fornendone il maggior numero di elementi ed esperienze.
conflitto socio-cognitivo ed argomentazione: per produrre un cambiamento di un punto di vista o rappresentazione e per far progredire verso un livello più elevato di elaborazione di idee.


  La discussione in classe  
 
La sua funzione didattica:

• permette la comunicazione, il confronto, la messa in comune di informazioni, interpretazioni, soluzioni;
• costituisce delle vere e proprie fasi di ragionamento collettivo, durante le quali i bambini hanno la possibilità di verificare la validità dei loro modelli;
• costituisce un elemento diagnostico per l'insegnante, poiché gli permette di identiflcare i modelli di spiegazione dei bambini (le rappresentazioni spontanee) e l'evoluzione dei processi di concettualizzazione rispetto al contenuto trattato.

 
  Come devono essere gli interventi del docente durante una discussione?
• Il docente deve abituarsi ad ascoltare senza intervenire sistematicamente dopo ogni intervento degli allievi.
• Non dovrebbe controbattere, ma usare espressioni che partano da quanto detto da un allievo: da una riformulazione di quanto ha detto.
• Non dovrebbe né annuire di fronte agli interventi che condivide, né scuotere il capo quando un allievo esprime un'opinione che non condivide.
• Dovrebbe favorire la circolarità della discussione; dovrebbe evitare di rispondere ad eventuali domande poste dal bambino rilanciandole al gruppo.
• Il docente non deve esagerare con domande di tipo chiuso, ma sostituirle con controesempi, riformulazioni, richieste di giustificazioni e con altre domande di tipo aperto.
• Compiti del docente sono: - ricordare il compito; - riassumere e sintetizzare quanto è stato detto dopo un certo numero di interventi; rilanciare la discussione, aprendo nuove prospettive attraverso l'utilizzazione di controesempi e controargomenti.

 


  L'argomentazione  
 
Postulato per il docente: in fase argomentativa non esistono procedimenti sbagliati (da non confondere con atteggiamenti verso l'argomentazione o il confronto i quali possono essere sbagliati) o risposte sbagliate o connotate come tali dal docente. Queste devono essere riconosciute come non valide o insufficienti dal soggetto stesso per scoperta / considerazione autonoma o scaturita dal confronto con gli argomenti dei partecipanti alla seduta argomentativa.

Il docente può indurre il conflitto laddove si assiste ad una stagnazione della posizione assunta dal singolo o dal gruppo:
• intervenendo argomentando allo stesso livello degli allievi.
• modificando la situazione proposta.
• dando spunti per rilanciare il ragionamento ipotetico deduttivo (guida diretta o indiretta)per esempio agendo sulla trasferibilità (generalizzazione dell'appreso): " pensi che ti potrebbe essere d'aiuto ...” (fornire alcuni possibili "strumenti" anche se non tutti necessariamente utili).


Importante: si impara ad argomentare argomentando!
La pratica dell’argomentazione ha come scopo anche quello di acquisire questa competenza e va quindi stimolata, sostenuta e perseguita come un qualsiasi altro obiettivo educativo. L'interazione tra pari é più efficace quando produce maggiori conoscenze in ambedue gli interlocutori, indipendentemente dalle condizioni di partenza, quando cioé crea un momento in cui si cerca, si ragiona, e dove i risultati vengono alla luce in modo evidente e comunicabile.

 

Come già sottolineato altrove
(2), "la costruzione della conoscenza nel bambino è al tempo stesso un processo intra e interpersonale, un processo fatto di interazioni fra un individuo e un universo fisico e sociale" (3). Oltre agli apporti della scuola piagettiana, è utile accentuare la dimensione interpersonale del processo di crescita individuale.
"Chaque fonction psychique supérieure apparaît deux fois au cours du développement de l'enfant: d'abord comme activité collective, sociale et donc comme fonction interpsychique, puis la deuxiême fois comme activité individuelle, comme proprieté intérieure de la pensée de l'enfant, comme fonction intrapsychique."
(4)
Il movimento reale del processo di sviluppo del pensiero infantile, secondo Vigotsky "si compie non dall'individuale al socializzato, ma dal sociale all'individuale."
(5)


(1) Pontecorvo C.: Interazione di gruppo e conoscenza. "Eta evolutiva", n. 24, Giunti-Barbera, Firenze
(2) Mainardi M.: Assieme ci riuscirai da solo. In: Mainardi Michele e Adolfo Tomasini (a cura di): "Con la Scuola per la dignità". Ed. CdC. Bellinzona 2000, p. 112--115

(3) Mainardi, Lambert: Relation éducative et handicap mental. Le rôle médiateur de l'adulte. Secrétariat Suisse de pédagogie curative, Lucerne,1984, p.17
(4) Vygotsky, 1933-34, in: Schneuwly e Bronckart (a cura di): Vigotsky aujourd'hui. Delachaux et Niestlé, 1985, p.111
(5) Vigotsky: Pensiero e linguaggio. Laterza, 1990, p.60

 

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