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come utilizzare le concezioni spontanee in classe

 

 
 
A. Giordan e J.L. Martinand hanno riproposto i principali atteggiamenti assunti in campo pedagogico-didattico nel confronto delle conoscenze spontanee e del loro uso in classe. (1)
Tra questi atteggiamenti vogliamo qui sintetizzare brevemente le posizioni di coloro che ritengono utile ed importante utilizzare queste conoscenze per costruire il sapere concettuale.

 

Lavorare con le conoscenze
("faire avec")
Le conoscenze come mezzo per conoscere


Una volta raccolte le concezioni degli allievi si cerca di favorirne il confronto all’interno della classe.
L’allievo è invitato ad esprimere la propria idea, ad argomentarla in modo sempre più convincente, a metterla alla prova attraverso le domande degli altri. Questo confronto permette di vedere il proprio pensiero dal punto di vista degli altri che commentano, criticano e crea le premesse per superare l’egocentrismo che porta l’allievo a considerare il suo punto di vista come unico possibile e la sua idea come la sola giusta. In altre parole con il confronto si cerca di sviluppare nell’allievo la presa di coscienza dell’esistenza di punti di vista diversi, di idee opposte alla propria.
Si può quindi creare nel soggetto un conflitto socio-cognitivo che lo porterà a mettere in discussione la propria idea e a sentire l’esigenza di assumerne un’altra più pertinente e confacente alle nuove esigenze.
Questo approccio presuppone che esista continuità tra la conoscenza della realtà di tutti i giorni e la conoscenza scientifica e che si possa passare senza problemi dall’una all’altra. In realtà se questo funziona nelle fasi iniziali dello studio con bambini piuttosto piccoli, una volta giunti alla costruzione di modelli più complessi e sofisticati il solo confronto non sembra più bastare.

 
 
 
Lavorare contro le conoscenze
(“faire contre”)
Le conoscenze come ostacolo da superare


Questo approccio si basa sull’idea di mettere in evidenza gli errori attraverso la discussione, la documentazione le esperienze (sia quotidiane che di laboratorio).
L’errore costituisce il punto di partenza per la pratica pedagogica. La costruzione del sapere non parte da zero ma deve andar contro agli ostacoli creati dal saper comune. La presa di coscienza dell’errore può avvenire in più modi : attraverso un colloquio con l’insegnante, con discussioni di gruppo, grazie ad informazioni fornite da documenti di natura diversa.
In questo modo attraverso una serie di correzioni progressive si estirperanno le conoscenze sbagliate che verranno sostituite da un saper corretto.
Il problema di questo approccio consiste nella difficoltà di indebolire una conoscenza spontanea in quanto radicata in una rete complessa di conoscenze.
Non sempre esistono controesempi adeguati che permettono di opporsi con efficacia alla conoscenza e di metterla in crisi. Talvolta anche la non conferma di certe rappresentazioni attraverso l’esperienza di laboratorio non produce risultati sperati in quanto il bambino può trovare sue giustificazioni per spiegare risultati sperimentali diversi dalle sue aspettative.
Fino a quando un allievo non entra in un conflitto cognitivo non sente la necessità di cambiare la propria idea.
L’insegnante no ha nessun potere sull’attività del soggetto che costruisce le proprie conoscenze se non nel fornire spunti che poi l’allievo rielaborerà . Infatti non si può agire in modo diretto sulle rappresentazioni; ciò che si può fare è aiutare il soggetto a sentire la necessità di rivedere le proprie idee.
Un altro aspetto problematico di questa scelta è il fatto che le conoscenze vengono usate solo inizialmente rispetto al processo d’insegnamento, mentre sarebbe più logico farle intervenire durante e dopo l’attività didattica. E’ appunto in questi momenti che l’allievo può confrontare con maggior consapevolezza le conoscenze iniziali con il sapere scientifico per poterle superare e correggere.
Inoltre una conoscenza iniziale non può essere sempre vista come un ostacolo: da un lato aiuta a prevedere i passi che restano ancora da fare e i problemi che si incontreranno; dall’altro talvolta non vale la pena metterla in crisi se poi l’allievo non è in grado di superarla, in particolare quando può risultare utile sul piano pratico.

 
 
 
Lavorare con e contro le conoscenze
("faire avec pour aller contre”)
Questo approccio è proposto e sostenuto dagli autori
 

Si parte dalla considerazione che nel processo di apprendimento esiste un rapporto di continuità e rottura con le conoscenze precedenti; ciò che avviene non è pertanto un semplice apprendimento per accumulazione, addizione o sovrapposizione bensì una integrazione delle nuove conoscenze alle strutture cognitive preesistenti che saranno a loro volta modificate (accomodamento).
Le conoscenze iniziali rappresentano le basi per l’acquisizione di un nuovo sapere , ma nello stesso tempo sono uno stadio da superare mediante continui aggiustamenti, integrazioni, messe in discussione.
Non si può quindi parlare di distruzione delle conoscenze iniziali per sostituirle con una conoscenza più corretta, bensì di una progressiva trasformazione delle stesse.
Lavorare con e contro significa consentire l’evoluzione delle conoscenze iniziali attraverso il confronto con le altre in modo da stimolare un conflitto socio-cognitivo che porta l’allievo ad entrare in crisi con la propria rappresentazione. (lavorare con).
A questo punto lavorare contro utilizzando procedure di verifica delle idee iniziali o, nella discussione, attraverso l’uso di controesempi.
In questo modo gli allievi sentiranno la necessità di sostituire la vecchia conoscenza con un’altra, più operativa e più pertinente ed adeguata alle nuove esigenze.

 



(1) Martinand J., Giordan A., "L'enseignement scientifique: comment faire pour que 'ça marche?'”, Z'éditions, Paris, 1989

 

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