L’IFPI negli ultimi anni – facendo ricorso a ditte specifiche che “annusano” la rete alla ricerca di internauti che mettono a disposizione dei files protetti da copyright (musica, filmati, programmi) – ha identificato gli indirizzi IP di molte persone. Nei loro confronti ha aperto delle procedure penali. Queste procedure sono dipendenti dalle legislazioni nazionali ma portano comunque a azioni di tipo dimostrativo di stampo maoista (”Colpiscine uno per educarne cento”).
Il funzionario svizzero preposto alla protezione dei dati non apprezza che ditte private agiscano in questo modo. Collezionare indirizzi IP di internauti svizzeri non è autorizzato, poiché la legislazione vigente li considera alla stregua di dati personali. Sembra che questo modo di procedere non abbia finora portato, in Svizzera perlomeno, a denunce basate su questo sistema di identificazione. In Germania, Gran-Bretagna e Polonia, il sistema “annusamento/denuncia” ha tuttavia funzionato da deterrente.
Quello che si può dire è che nella Confederazione elvetica condividere (scaricare e rendere disponibili) dati protetti da copyright non comporta sanzioni legali. Ciò nonostante, si percepisce che l’attuale sistema di produzione/promozione/distribuzione è superato dall’avvento di internet e soprattutto dalla condivisione dei dati possibile grazie al “peer-to-peer” e al web2.0. Per esempio, nel campo della musica aspettiamo tutti un nuovo sistema coerente con queste tecnologie, adatto a chi produce e a chi consuma e che riduca nel contempo lo strapotere delle case di produzione (vedi IFPI). Speriamo e lasciamoci sorprendere…