Archive for Agosto, 2008

La storia “open source”

Stanno avendo un successo al di sopra delle aspettative i siti web – di regola delle televisioni statali – che offrono materiale multimediale di tipo storico.
Nella fruizione delle informazioni, la multimedialità si è da tempo affiancata ai testi grazie alla digitalizzazione che la rende più manipolabile e riutilizzabile. I suoi canali comunicativi (suono, immagine, testo) si fondono, rendendo le informazioni veicolate maggiormente pregnanti. Se i contenuti sono interessanti, ecco che il successo appare evidente. Nell’ambito formativo la multimedialità sta’ avendo successo da vari punti di vista: passivo (fruizione), creativo (costruzione) e interattivo (individuale). Su questi punti tornerò in dettaglio più avanti. Fermiamoci però alla storia.
Il poter usufruire e commentare (stile web2.0) documenti multimediali di tipo storico, autorizza l’uso dell’identificativo “open source”. Infatti, sono disponibili i filmati, condivise la critiche, individuali le ricostruzioni. Evidentemente, non sono i siti come quello della TSr, dell’archivio della Tv francese della TSi (vedi navigastoria) o altri che potranno (ri)costruire la storia. Tuttavia, anche in questo campo emergono opportunità interessanti che a livello formativo e soprattutto didattico forniscono spunti e materiale che fino a pochi lustri or sono erano impensabili. Al docente conoscerne la portata, approcciarli criticamente, integrarli nella sua didattica di classe e consigliarli come materiali per uno studio/approfondimento individuale. Questo è un esempio di integrazione delle ICT.

Google ci rende idioti?

È iniziato da alcuni mesi un dibattito che tocca l’uso delle ICT in ambito cognitivo, per rapporto ai vantaggi e agli svantaggi che questo impiego comporta. In grandi linee, ci si interroga sul fatto che l’uso di internet renda più o meno idioti. Tutto è partito da Nicholas Carrche ha pubblicato un saggio su “The Atlantic” (poi tradotto in italiano da “Internazionale, no. 751), ripreso da “Der Spiegel”, da “Le Temps” e continuato in molti blog. Al tema ho già dedicato un post nel quale accennavo al fatto (M. McLuhan dixit) che il canale comunicativo e l’informazione veicolata modificano il modo di pensare e l’organizzazione cognitiva. Carr, non nascondendo le opportunità offerte dai servizi dell’internet (e dal web in particolare), afferma che attraverso l’uso intensivo di questi servizi diventiamo idioti, non siamo più in grado di concentrarci, ci facciamo dispersivi e ci limitiamo ad attenzioni ridotte e a letture sempre più corte.
Naturalmente ringrazio Carr di avere iniziato il dibattito, poiché esso dimostra che siamo effettivamente a un tornante epocale per quanto attiene alla trasmissione, all’organizzazione e alla fruizione (anche in senso cognitivo) delle informazioni. Da anni, diversi lo sottolineano. Al tema ho già dedicato diversi post in cui descrivo come i servizi dell’internet ci rendono (più o meno) intelligenti e di come è emerso (in senso sistemico) un nuovo artefatto cognitivo. Appare evidente che il dibatto ha il merito di cogliere e criticare questo tornante epocale nell’ambito comunicativo e cognitivo.
Riprendo in sintesi quanto ultimamente di interessante è stato detto o scritto sul tema. Dillenbourg (EPFL) parla di protesi offerta dall’insieme di questi servizi, protesi che si sostituisce ad alcune nostre capacità ma, nel contempo, ci rende maggiormente performanti. Panese (Uni Losanna) è del mio stesso parere e cioè che la tecnologia modifica, essendo un artefatto cognitivo, il nostro modo di ragionare. Koch (insegnante ICT) sottolinea che è giunto il momento di accettare la diversità dei supporti conoscitivi che si aggiungono ai libri.
Come gente di scuola, non possiamo comunque non vedere nel presente dibattito le opportunità e i pericoli che questi servizi ICT mettono a disposizione e fanno emergere per rapporto agli studenti che le usano come “nativi digitali”.
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Robot nella scuola obbligatoria?

Chi si interessa di integrazione delle ICT nella scuola conosce i lavori diSeymour Paperte sa che l’approccio costruttivista< da lui condiviso in ambito educativo è foriero di interesse anche se difficile da intraprendere. Secondo Papert, “…l’essere umano, a prescindere dall’età, ha bisogno di avere a disposizione materiali concreti affinché la conoscenza acquisita sia tanto più vicina alla realtà“. Partendo dall’ottica costruttivista intersezionata con le ICT, grazie a Papert, si è arrivati, negli anni ‘80, alla creazione del linguaggio di programmazione LOGO che ha dato luogo a sperimentazioni varie in ambito educativo e formativo, per poi arrivare alla creazione di vari oggetti ICT con cui pensare. Citiamo come esempio interessante l’NXT (Lego®Mindstorms), robot che permette l’apprendimento di nozioni di tipo matematico, geometrico e fisico tramite la programmazione di compiti particolari. Per chi volesse saperne di più sull’argomento (che verrà successivamente trattato in altri post), citiamo che esiste da anni un campionato (First Lego League) che permette a squadre di ragazze/i (dai 10 ai 16 anni) di risolvere compiti particolari (proposti 8 settimane prima dell’incontro in presenza) da eseguirsi tramite il robot sopra citato. Anche in Svizzera esistono questi incontri (vedi). Si sta studiando di organizzare una gara regionale di questo tipo anche in Ticino. Per ora si è scelto il luogo (SUPSI di Manno) e si propongono 2 date (il 17 o il 25 settembre 2008). Chi volesse saperne di più sull’argomento “First lego League” e Lego®Mindstorms, esprima il proprio interesse compilando questo doodlee lasciando il proprio recapito in calce alla pagina dell’inchiesta. L’augurio è che questa lodevole iniziativa si possa concretizzare. Essa, a mio modo di vedere, va nel senso di avvicinare le/i giovani alla scienza e alla programmazione creativa.

Sicurezza o paranoia?

Si è tenuta la scorsa settimana a Las Vegas il congresso Black Hatdedicata alla sicurezza informatica. Questo incontro era quasi interamente dedicato a temi che interessano i tecnici informatici che si occupano di sistemi di protezione. Un congresso quindi da specialisti in materia. Tuttavia, dalle conferenze proposte sono emersi temi che concernono anche alcune tipologie di utilizzatori di internet, in particolare quelli rintracciabili tra i “webacteurs”. Si tratta degli utenti che usano servizi del web2.0 e che hanno profili in rete e intensi scambi nei siti di “social network” quali o Myspace. Ebbene, questi utenti sono potenzialmente attaccabili da pirati informatici che si appoggiano soprattutto sulla credulità e superficialità di questi webacteurs. Gli esperti in materia di sicurezza sono preoccupati: questi utenti scaricano molte applicazioni senza rendersi conto del rischio di infezione informatica. Così facendo, infettano il loro profilo (le informazioni pubblicate in rete), nuocendo così anche alla rete (social-network) di conoscenze che hanno creato. Da qui pure una possibile infezione del proprio pc che potrebbe servire da punto di partenza per attacchi di grande portata. Oppure per spiare quanto questo tipo di utente esegue in rete, sorvegliato a distanza dai pirati informatici. Sicurezza o paranoia? Comunque, “Ocio…”
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L’alfabetizzazione digitale è una necessità sociale?

Secondo un documento della Commissione europea del 2003, l’alfabetizzazione informatica (”Digitaliteracy”) diverrà velocemente una competenza indispensabile per la creatività, l’innovazione e l’imprenditorialità. Senza questa competenza i/le cittadini/e non potranno pienamente partecipare alla società del 21esimo secolo. Un’affermazione che definisce indirettamente l’importanza di internet, del web e dei servizi ad essi associati, in costante espansione (vedi i miei post sul tema).
Allora, quali gli strumenti, le logiche d’attivazione e i modi di pensiero e di organizzazione che i cittadini di ogni genere ed età devono padroneggiare per sentirsi adatti?
Alla fine del secolo scorso era sufficiente parlare di alfabetizzazione. Oggi il termine risulta desueto per l’emergere della multimedialità, a causa dell’arrivo sul mercato di nuovi strumenti di interconnessione costante e grazie agli universali e innovativi impieghi proposti dal web. Risulta indispensabile conoscere altro, oltre l’alfabetizzazione, in particolare le logiche e i funzionamenti di base di questi strumenti/servizi. La competenza da acquisire nel contesto dell’alfabetizzazione digitale deve mirare al pratico ma anche al culturale, concerne la circolazione delle informazioni, l’espressione, l’impiego degli strumenti e la logica del sistema, accompagnati da un pensiero critico per saper discernere quello che conta, ciò a cui si è esporti e il senso di quanto circola e si emette.
Secondo Pisani e Piotet (2008), le lacune sono serie: molte persone non hanno ancora accesso a questi servizi o rifiutano di servirsene mentre altri pensano di impiegarli convenientemente ma non ne usano che una minima parte. I giovani appaiono generalmente a loro agio con questi servizi e strumenti come “nativi digitali”, ma solo superficialmente (vedi post).
Da questo risulta la necessità di intraprendere una formazione specifica alla dimensione digitale che abbia come traguardo l’assimilazione di una serie di competenze che ci facciano sentire a nostro agio con queste possibilità digitali. Per affrontare il discorso che verrà in seguito approfondito, ci si riferisca a quanto propone wikipedia sulla definizione di “digital/computer literacy” e si pensi a quali istanze dovranno proporsi come enti erogatori della formazione.