Archive for Ottobre, 2008

L’apprendimento e l’insegnamento con le ICT: aiuto od ostacolo?

I nuovi mezzi di comunicazione digitale (ciò che in questi post va sotto il cappello ICT) nel corso degli ultimi dieci anni sono diventati evidenti anche per la scuola a vari livelli. Oltre alla scrittura, lettura e aritmetica, nel 21esimo l’uso delle ICT sarà una quarta competenza da insegnare e assimilare. Le ICT stanno aprendo nuovi orizzonti alla scuola e all’educazione.

La discussione sull’intersezione tra istruzione e ICT si sta’ sviluppando sempre più. Inizialmente si era iniziato seguendo idee euforiche, ora ritenute utopistiche. Oggigiorno, si evidenzia un disincanto nei confronti di queste idee, anche perché risulta più facile preventivare costi e benefici dei nuovi media così come le conseguenze e gli effetti positivi e negativi. Quindi, si è maggiormente in chiaro sui vantaggi e gli svantaggi dei nuovi media come aiuto o ostacolo per l’apprendimento e l’insegnamento.

Dove si trova il valore reale dei nuovi media nei settori dell’istruzione e della scuola? Quando si opera con questi nuovi mezzi di comunicazione in materia di istruzione scolastica e universitaria, risulta produttivo e quando no? Quali mezzi di comunicazione saranno accolti dagli utenti e quali altri gli utenti richiederanno? I nuovi mezzi promuovono una nuova cultura dell’apprendimento? Essi saranno in grado di far emergere altre forme di conoscenza? Qual è l’impatto dei videogiochi sulla socializzazione, sull’apprendimento, sul comportamento sociale e le azioni dei bambini e degli adolescenti? Esiste la necessità di un codice etico, comprensivo dell’influenza e dei limiti dei nuovi media considerati?

A queste e ad altre domande si cercherà di rispondere durante una due giorni (21 e 22 gennaio 2009) all’ASP di Berna.
Tradotto dal tedesco. Per chi volesse saperne di più…
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Competenze ICT dei docenti

Come formatore che si occupa dell’integrazione delle ICT in ambito scolastico, analizzo regolarmente le competenze ICT tecniche dei futuri insegnanti, da 10 anni a questa parte. La mia ipotesi è che maggiore è la competenza tecnica del docente, più alta sarà la possibilità che questo, una volta nella scuola, integri le ICT nel suo insegnamento di classe.
L’ipotesi è da verificare anche perché la letteratura di ricerca afferma (dati fino al 2003) che non esistono legami particolarmente significativi. I giovani insegnanti, pur usando in modo significativo le ICT fuori dal contesto scolastico, le integrano poco in quello di classe. Riprenderò in seguito questo discorso.
In questo post mi preme osservare che sull’arco di questa decina d’anni le mie osservazioni hanno permesso di appurare che le competenze ICT dei nuovi insegnanti sono cresciute in modo esponenziale. Attualmente, chi affronta il percorso professionalizzante di docente, indipendentemente dal settore scolastico, ha competenze ICT notevoli.
In sintesi, ecco i dati di inizio anno accademico 2008/2009.
Tutti i futuri docenti che iniziano la formazione (SE/SM/SMS) possiedono un computer casalingo (100%); la maggior parte sa operare in modo più che sufficiente con almeno un sistema operativo e con gli applicativi ricorrenti (97%); l’allacciamento all’internet tramite banda larga è uno standard (90%). Quasi la metà fa ricorso regolarmente servizi del web2.0 (40%).
In altre parole, per quanto attiene all’integrazione delle ICT, le scuole di livello terziario, quale l’ASP, non devono oramai più offrire contenuti di tipo tecnico, bensì pedagogico e/o didattico, sia di didattica generale, sia disciplinare, per entrambi i settori della formazione di base/pedagogica e continua. Integrare cioè le ICT nella formazione terziaria.

Contro facebook

Web2.0 è comunità sociale; è condivisione di dati, di idee e di gusti.
Oggigiorno sembra risulti più facile cercarsi in modo virtuale in siti di “social network” che in un bar, in una piazza o per il tramite di un’associazione. Forse perché abbiamo meno tempo a disposizione e lo spostarci diventa complicato. O, forse, perché la tecnologia del web2.0 ci mette a disposizione un’identità virtuale, mascherata e meno onerosa da gestire, almeno sul piano personale.
Facebook, uno dei social network più gettonati nel campo del web2.0, ha come slogan “Un servizio sociale per rimanere in contatto con le persone attorno a te”. L’impressione è che grazie a siti come Facebook si rimane davanti a un computer e ci si isola. Ma, non è questa l’impressione delle migliaia di utenti di questo social network che cresce esponenzialmente: certifica oltre 60 milioni di utenti. 60 milioni di coglioni – afferma T. Hodgkinson del “The Guardian” – che hanno fornito i loro dati anagrafici e preferenze d’acquisto a un’azienda di cui non sanno nulla. Ed è qui il problema. Dietro questa società, esiste un gruppo di persone, “neocon” che credono nei valori conservatori, nel libero mercato e in un governo con funzioni ridotte al minimo. Niente di strano, per carità. Anche alle nostre latitudini esistono persone che professano queste linee politiche. Per fortuna non hanno investito nel web che in questo caso viene visto come un sistema a favore del libero commercio e per la libertà dei rapporti umani e degli affari. Libertà che infatti trasforma il concetto di “condivisione” in “fare pubblicità”. Per rendere attenti i potenziali utenti di Facebook si consiglia di leggere attentamente come la privacy viene trattata: “Faremo pubblicità”, “Non potete cancellare niente”, “Chiunque può sbirciare le vostre confessioni”, “La nostra pubblicità sarà irresistibile”, sono tra le linee direttrici del sito. Uno spasso per chi non ha idee ma cerca di condividerle.

“Digital divide” tra i docenti?

A fine 2007 è stata effettuata un’inchiesta presso tutti i docenti delle Scuole elementari del Ticino. Da questa inchiesta – stilata dall’USR, non ancora pubblicata e alla quale ha risposto oltre la metà dei docenti (52%) – emergono dati coerenti con quelli citati nel mio precedente post sul tema<: la maggior parte dei docenti sa usare e impiega le ICT per il proprio lavoro di preparazione.
Emergono anche altri elementi significativi e importanti.

Uno di questi è che solo il 25% dell’insieme dei docenti pensa di usare le ICT in classe e solo l’8% le impiega regolarmente con gli allievi, nella propria classe. Una mancata integrazione delle ICT in questo settore. Vedremo di approfondire il tema successivamente.
Un altro elemento importante che emerge è che quasi la metà dei docenti in carica non ha risposto all’inchiesta malgrado le sollecitazioni arrivate da più parti che indicavano la stessa come importante. Presumibilmente, si può dedurre che il 48% dei docenti non è interessato alle ICT né come strumento per il proprio lavoro di preparazione, né lo impiega regolarmente. È un’interpretazione, che però mi permette di affermare che anche alle nostre latitudini sta’ effettivamente emergendo come il “Digital divide” si è spostato dalle nuove generazioni – ormai formate da nativi digitali – a quelle dei docenti in carica che non hanno avuto una formazione a queste tecnologie. Questo è un problema che si potrà facilmente risolvere (formazione, informazione, emulazione, accesso alla dotazione) se lo si identifica. Un ulteriore freno all’integrazione delle ICT.

Dalla multimedialità all'insegnamento

Ripetendomi, l’affermazione che il digitale sta rivoluzionando il nostro rapporto con i vari formati simbolici è assiomatica. Se in questo contesto si parla di immagine, si può affermare che la tecnologia digitale l’ha riportata a quel mondo artigianale di cui ha sempre fatto parte, permettendo una sua circolazione rapida e immediata. I professionisti non hanno più l’esclusiva della produzione. Questo ci fa credere di essere tutti dei fotografi e di avere accesso a ogni sorta di immagine (vedi Flickr come paradigma di questo nuovo modo di fotografare/condividere/cercare). Questo cambiamento è quindi una rivoluzione culturale nel nostro rapporto con l’immagine. Infatti, possiamo realizzarle, trasmetterle, vederle, modificarle molto più rapidamente di prima. Ma, nel momento in cui è possibile registrarne, altrettante ne vengono cancellate. Caujolleafferma correttamente che “L’idea stessa di memoria, fondata sulla fotografia come oggetto, sta cambiando radicalmente, insieme alla percezione del tempo e dei valori che le vengono attribuiti“.

Quali le ricadute in un contesto di formazione? Probabilmente poche nell’atto diretto dell’interscambio, in aula, tra docente e allievo. Molte nel contesto extra-scolastico, sempre più permeato di immagini, contesto che si riflette – essendo gli allievi odierni dei “nativi digitali – anche sulla formazione. La multimedialità quindi – ambito a cui l’immagine digitale appartiene – assume una connotazione sempre maggiore anche nel contesto formativo. Prova di questo è che sempre più congressi hanno come tema centrale la fruizione della multimedialità contestualizzata nell’ambito all’intersezione tra apprendimento, formazione e informazione. Uno su tutti è il congresso della SFEM che avrà luogo a fine novembre a Berna col tema “Open Educational Resources (OER): libre accès aux médias de la formation et qualité. È appunto grazie a questa rivoluzione digitale che le questi temi emergono. Per cui, dare risposte pertinenti e linee di condotta, risulta importante per chi insegna e chi decide (i politici). Quest’ultimo insieme di persone mi sembra comunque poco interessato al tema, almeno alle nostre latitudini.
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