Apprendere, formarsi, comunicare ed essere critici con le ICT
La lotta alla condivisione
In un precedente post discutevo di scaricamento di files protetti dal copyright (musica, video, videogiochi, programmi informatici) tramite il protocollo peer-to-peer. A un anno di distanza, riprendo il discorso, aggiornandolo in modo sintetico. L’attività ci interessa poiché praticata da adolescenti, non coscienti della legislazione (discorso educativo legato all’”etica delle ICT“).
L’IFPI, sezione svizzera, è ormai censita “annusare” chi mette a disposizione files protetti dal copyright, divenendo di fatto un corpo di polizia privata di internet. Essa lavora per le major. Una ditta (Logistep, di Zugo) ha tracciato la strada, rendendo possibili queste pratiche di ricerca/denuncia che si svolgono in un ambito giuridico non ancora definito e quindi tollerate.
Scoperti, gli autori della messa a disposizione dei files si vedono costretti a siglare accordi bonali. Se non accettano, vengono denunciati. La denuncia tuttavia non sempre porta a una condanna, essendo i giudici cantonali non ancora allineati su una prassi comune.
Come citato ne LeTemps del 28 luglio 2009, gli internauti che mettono a disposizione files protetti da copyright si vedono chiedere 1′450 fr per le spese di giustizia, 3 fr per file reso disponibile, 250 fr per i fornitori di accesso all’internet più da 2 a 3′000 fr per eventuali ricerche di approfondimento. Di regola più del 80% dei casi denunciati vengono chiusi a favore della ditta “annusatrice”.
In altre nazioni occidentali ci si muove con l’adozione di leggi che permettono di negare l’accesso casalingo ai recidivi o di bloccare/multare i provider che tollerano chi condivide files protetti da copyright.
Da questo sistema di scaricamento di files attualmente in discussione, si evincono due temi: il primo attiene alla libertà d’accesso e di condivisione di internet (sempre più ristretto), il secondo all’obsolescenza del copyright (concetto in discussione, vedi Creative Commons).
10 Gennaio 2010 - 14:50
Il tema della lotta alla condivisione di file protetti da copyright è dibattuto a gran voce soprattutto quando ad interessarsene è il mercato della musica e della cinematografia. Affievolitosi negli ultimi tempi, soprattutto alle nostre latitudini, è stato rievocato con grande sorpresa ultimamente data la sentenza di Locarno, di cui tutti abbiamo sentito parlare, in caso propongo due articoli correlati alla sentenza:
Ticino online: http://www.tio.ch/aa_pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=518198&idsezione=1&idsito=1&idtipo=3
Punto informatico: http://punto-informatico.it/2783049/PI/News/p2p-condanna-terra-elvetica.aspx).
La sentenza che ha visto la condanna della giovane locarnese è stata descritta come un caso che farà la storia della giurisprudenza in tema condivisione file. Come riportano anche molti siti d’informazione esteri. Ma chi è questa ragazza? Una povera pecorella smarrita all’interno di un infinito campo di pecore… Diciamo una martire, un esempio da mettere in mostra per dissuadere gli altri da questi atti illeciti. Come ben sappiamo in Svizzera il problema non è scaricare file ma condividerli. Si potrebbe dire molto sul processo di condivisione ma non è lo scopo del post, per questo, a chi ne fosse interessato, rimando ai link seguenti che riportano il funzionamento del protocollo peer-to-peer (condivisione) e alcuni cenni al diritto della proprietà intellettuale in Svizzera attraverso l’Istituto Federale della Proprietà Intellettuale:
P2P: http://it.wikipedia.org/wiki/Peer-to-peer
Istituto Federale della Proprietà Intellettuale: https://www.ip4all.ch/index.php?id=245&L=2
Il problema della condivisione è sentito a livello internazionale ed è per questo che oggi si sta cercando di rimediare al tempo perso per contrastare questo fenomeno sempre più in espansione. Le conferme le si trovano in diversi articoli, post, pubblicazioni, come quelli che vi propongo di seguito:
Lotta al P2P, in campo anche la Francia: http://www.publiweb.com/service/01_27_2004_02.html
Italia, la lotta al P2P diventa priorità: http://punto-informatico.it/1112210/PI/News/italia-lotta-al-p2p-diventa-priorita.aspx
Tanto detto per capire che la condivisione è un fenomeno difficile da contrastare. Si è partiti in ritardo per cercare di contenere un problema ormai immenso. Infatti, gli utenti che fanno uso del P2P sono milioni e l’idea di poter pescare ad uno ad uno i pirati del web è solo utopia.
Sarebbe opportuno porsi la domanda perché si condivide e perché si scarica? A questo non so dare una risposta unica ma sicuramente multinazionali come la Electric and Musical Industries (EMI) che dalla vendita di CD traggono milioni di profitti sentono la necessità di arginare il fenomeno. A questo proposito, tra tanti oppositori vi è qualche esponente di spicco che reputi la lotta contro il P2P inutile. Si sta parlando di Eirik Johansen ex manager EMI che dopo aver passato anni a combattere questo fenomeno dice la sua liberamente non essendo più legato all’azienda e nega l’uguaglianza tra furto e pirateria. Rimando all’articolo seguente per i dettagli di quanto esposto da Eirik Johansen:
Ex EMI: la lotta contro il P2P è inutile: http://www.megalab.it/4201/ex-emi-la-lotta-contro-il-p2p–inutile
In conclusione, e per tirare le somme, vorrei fare un’analogia, forse un po’ esagerata, tra il mercato della droga e il peer-to-peer. Da quel che si lascia trasparire in campo internazionale e dalla recente sentenza di Locarno si vuole arginare il fenomeno andando a pescare, tra i milioni di utenti, il singolo e dare una punizione esemplare per dissuadere gli altri. Questo mezzo è paragonabile al piccolo spacciatore o consumatore di sostanze stupefacenti che viene arrestato e mostrato come esempio di ottima riuscita per eliminare il fenomeno della droga.
Ho voluto esagerare nella mia associazione per poter sottolineare che dal mio punto di vista il fenomeno non va frenato in questo modo ma bisognerebbe anzitutto, data la scarsa conoscenza delle norme da parte degli adolescenti, puntare sulla sensibilizzazione alla condivisione. Inoltre la comunità internazionale dovrebbe, per ridurre parecchio questo ormai dilagante abuso, puntare il dito su siti e colossi che implementano l’uso di queste pratiche. Fin tanto che vi saranno aperti siti come Mininova (www.mininova.org), IlCorsaroNero (ilcorsaronero.info), BearShare (ilcorsaronero.info) e tanti altri in cui è possibile la ricerca, la selezione e l’ottenimento di programmi per il peer-to-peer come Emule, Kazaa o LimeWire il messaggio che viene fatto trapelare è quello che condividere file è bello e giusto, inoltre “dare per avere”.
Bisogna quindi attaccare il fenomeno alla fonte andando a sentenziare quei siti che consentono tali pratiche, quei server che al loro interno detengono molti file protetti da copyright e destinati alla condivisione e tracciare delle linee comuni internazionali per arginare l’uso dei programmi di condivisione.
Questo procedimento risulta complesso data l’inesistenza di basi giuridiche comuni ed internazionali (ogni nazione agisce a modo suo e lascia libera interpretazione della legalità sul argomento) ma per ridurre il fenomeno è necessario che la comunità internazionale si soffermi e discuta di come colpire in maniera condivisa questa pratica e i relativi soggetti interessati in modo da salvaguardare i talenti e le relative proprietà intellettuali.
12 Gennaio 2010 - 16:05
Proteggere il povero autore che ha speso metà della sua vita a studiare e la seconda metà seduto al freddo di una soffitta davanti ad una scrivania o un pianoforte a cercare farsi venire qualche buona idea che fosse degna di essere pubblicata, é cosa buona e giusta.
Detto questo forse vale la pena di farsi qualche domanda:
Che percentuale và all’autore del prezzo di un libro o di un Cd?Chi decide i prezzi ? Esistono ancora le case editrici che scoprono nuovi autori?
Il mondo della rete ha sconvolto il mondo dell’arte e della cultura “riproducibile”,sopratutto musica e cinema, ed inventare delle nuove regole appare complicato e pieno di contraddizioni.
Provo a fare qualche considerazione sulla musica che é un mondo che conosco un po’ di piu’.
Dunque, fino ad un ventina di anni fà il mercato discografico era in mano a poche major che avevano i mezzi per la realizzazione del prodotto (sale di registrazione, arrangiatori, musicisti “turnisti”) , le macchine per produrre il supporto(dischi vinile ,compact disk) , la rete per la distribuzione(negozi) e la rete per la promozione (radio,televisione). Quindi l’autore aveva un’unica possibilità per vedere realizzata la propria opera , e cioé ottenere un contratto con la casa (RCA,EMI,..) che investiva su di lui ed in cambio gli offriva una percentuale sulle vendite(molto spesso miserrima tipo 5%).
Ora il mondo virtuale ha spazzato via in un sol colpo tutti i parametri di questo equilibrio.
1)Sale di registrazione: attualmente con una spesa ragionevole é possibile allestire uno studio di registrazione piu che dignitoso in casa propria.
2)il supporto- il supporto non esiste piu? in una chiavetta ci stanno migliaia di songs.
3)la rete di distribuzionee- diffusione: la rete è costituita dai milioni -miliardi di computer di tutto il mondo che come spugne onnivore sono pronti ad assorbire quantità enormi di materiale sonoro.
Allora non sorprende che le case discografiche sempre meno Major non producano piu’ niente ma si limitino a ristampare vecchi dinosauri della musica e a produrre musichette piu’ o meno banali a costi zero arrangiate con sequenzer e pattern preconfezionati.
Alla luce di questo andrebbe rivista tutta la legislazione sulla proprietà intellettuale per favorire:
La diffusione di opere “patrimonio dell’umanità” gratis o a costi bassissimi.
Facilitare e proteggere le autoproduzioni .
Fare una politica intelliggente sui prezzi(moltissimi costi si sono abbattuti ). Perchè un CD deve costare cosi’ tanto.
Sono convinto che ci saranno sempre acquirenti che vorranno il CD con la copertina bella e non piratato .
Bisogna solo offrire prodotti belli di qualità ed accessibili economicamente.
19 Gennaio 2010 - 13:27
Vorrei riprendere ed approfondire alcune idee che scaturiscono dai precedenti commenti apparsi su questo blog riguardo al tema della condivisione (tramite internet, e in modo più specifico tramite le reti P2P) e dei diritti d’autore.
I diritti d’autore sulle opere rientrano nel campo della proprietà intellettuale, che comprende quei beni immateriali prodotti dall’intelligenza umana ai quali l’ordine giuridico garantisce protezione, in particolare la facoltà di possederli o di esserne proprietari.
I diritti d’autore, come gli altri diritti della proprietà intellettuale, si distinguono dai beni materiali (mobili e immobili) per il fatto di non disporre di un’entità corporea e non sono pertanto facilmente identificabili. Di conseguenza, se è facile definire il diritto di proprietà su una cosa mobile o immobile (materialmente riconoscibile e attribuibile ad un determinato titolare) è più delicato stabilire la proprietà di un’opera intellettuale composta di parole, di suoni, di segni o di note musicali che singolarmente non hanno proprietario e sono di dominio pubblico e generale.
Di conseguenza la protezione dei diritti d’autore, come degli altri diritti di proprietà immateriale, presuppone alcune condizioni fondamentali riprese all’art. 2 cpv. 1 LDA: “sono opere le creazioni dell’ingegno, letterarie o artistiche, che presentano un carattere originale”. Tale definizione comprende due criteri:
a) Creazione dell’ingegno letterario o artistico.
b) Originalità.
Non si richiede quindi che l’opera abbia un particolare valore artistico. È sufficiente che l’opera sia il prodotto di un’azione creativa intellettuale. In compenso è necessario che l’opera abbia carattere di novità ossia di diversità rispetto alle opere esistenti. Se sono dati questi requisiti l’autore è proprietario dell’opera come potrebbe esserlo di un immobile o di una cosa e ha il diritto di disporne come un proprietario, in particolare di cederla a terzi di sua scelta e alle condizioni da lui stabilite nonché di opporsi all’uso o alla riproduzione da parte di terzi senza il suo consenso.
La protezione dei diritti d’autore non ha posto particolari problemi fintanto che le opere erano legate ad un supporto fisico (il libro per il romanzo, il disco, la cassetta o il CD per la canzone). Infatti, in questi casi, la titolarità dell’opera e la sua divulgazione è chiaramente legata al supporto, per cui l’eventuale abuso è agevolmente identificabile grazie al supporto materiale.
Il problema è più complesso se l’opera è diffusa tramite internet per due ragioni:
a) L’identificazione di una diffusione non autorizzata è difficilmente realizzabile così come la scoperta dell’autore dell’abuso.
b) Il titolare del diritto d’autore che fa capo ad internet per diffonderla corre i rischi connessi alla generalizzazione incontrollata dell’opera. L’opera può venire modificata facilmente ed essere messa in circolazione su internet sotto forma alterata senza che l’autore o gli eventuali utenti se ne accorgano.
A proposito del primo punto è importante notare che la violazione del diritto d’autore non avviene al momento in cui un individuo scarica sul proprio computer un’opera disponibile su internet allo scopo di usarla privatamente. L’infrazione avviene al momento della condivisione, cioè quando l’individuo mette l’opera (della quale non detiene i diritti d’autore) a disposizione di altri utenti.
Il problema giuridico generato dai software P2P non consiste quindi nel fatto che essi offrono la possibilità di scaricare liberamente opere tramite internet, ma nel fatto che le opere scaricate vengono poi messe “automaticamente” a disposizione di altri utenti.
In questo ambito bisogna comunque precisare il fatto che vengono messe automaticamente a disposizione solo le parti di opere in corso di scaricamento e le opere complete che l’utente decide di lasciare volontariamente nella cartella dei files da condividere.
Per concludere vorrei sottoporre una possibile chiave di lettura che permetta di affrontare il dibattito sulla condivisione di opere tramite internet.
I diritti d’autore assicurano al titolare del diritto di vendere la propria opera e di ottenere un reddito adeguato che gli permetta di coprire le spese sopportate e remunerare il lavoro svolto per generare l’opera.
In questo senso la condivisione risulta essere:
• Una pratica positiva nei casi in cui l’autore è disposto a non ottenere alcun reddito dalla propria opera. Ciò avviene in particolare nel caso in cui l’intenzione dell’autore è innanzitutto quella di diffondere il più possibile la propria creazione (senza badare a spese).
• Una pratica nociva nei casi in cui l’autore per generare l’opera ha dovuto sopportare delle ingenti spese e/o un importante quantità di lavoro. In questi casi la libera condivisione potrebbe addirittura avere l’effetto di scoraggiare le creazioni artistiche che richiedono un forte impegno di capitali e di risorse umane.