Apprendere, formarsi, comunicare ed essere critici con le ICT
Videogiochi seri e in classe
In un precedente post inerente ai videogiochi (vedi) introducevo l’argomento, segnalando che anche a livello formativo il tema videogiochi (VG) è ormai è entrato – finalmente - tra i temi meritevoli di approfondimento all’intersezione tra ICT, scuola e formazione. Segnalavo un congresso svizzero dal tema “Videogiochi, passioni e apprendimenti“, organizzato dal CTIE il venerdì 28 agosto 2009 a Berna, congresso a cui ho partecipato.
Ora, ritorno sul tema, dando ulteriori spunti per approfondirlo.
Cominciamo col dire da per molto tempo scuola e genitori hanno valutato i VG come poco validi da diversi punti di vista. Questo modo di vederli sta cambiando in positivo. Al punto che ora si parla di “Giochi seri” per isolare i VG meritevoli di attenzione a livello educativo, formativo e cognitivo.
Non mi dilungo, rimandando ad altri post gli approfondimenti. Il post precedente (vedi) potrebbe anche entrare in linea di conto.
Faccio notare che il congresso organizzato dal CTIE – segnalato sopra – ha permesso di concludere che alcuni VG – che chiameremo “Giochi seri” – sono utilizzabili scientemente come strumenti didattici, risultano essere efficaci in vari campi disciplinari, permettendo agli allievi di essere indipendenti, attivi e di studiare a ritmi personali. Uno sdoganamento pedagogico importante. Teniamone conto.
Per approfondire il tema segnalo 3 siti (in francese) da cui partire:
- Comprende les jeux vidéo , per un’entrata in materia generale
- PedaGoJeux , per una prima sensibilizzazione ai VG dal punto di vista pedagogico
- Serious Games, compte rendu de la journée d’information “Serious Game” de l’université de Toulouse (23/10/09)
Chi può contribuire con segnalazioni di siti analoghi, in italiano, lo faccia, dando pf una sintesi qualitativa del sito segnalato. GRAZIE
9 Novembre 2009 - 11:42
Un dossier molto approfondito sul legame tra gioco e scuola attraverso riferimenti alla letteratura scientifica recente, ottimo inizio per approfondire il tema dei giochi eletronici.
http://www.inrp.fr/vst/LettreVST/48-octobre-2009.htm
18 Dicembre 2009 - 21:22
Il tema dei videogiochi utilizzati in ambito didattico e in classe, non può che incuriosirmi ma, nel contempo, indurmi a pormi una serie di interrogativi che esulano dalla semplice applicazione didattica che se ne potrebbe fare. Inevitabilmente l’idea di sfruttare il linguaggio e il codice delle nuove generazioni, può rappresentare un punto di forza per quel che concerne un possibile allineamento linguistico tra diverse generazioni che si incontrano in ambito scolastico. Ma la domanda che mi sorge spontanea è relativa ai livelli di uso dell’idioma italico dal punto di vista lessicale e grammaticale che caratterizza e contraddistingue i giovanissimi di oggi. È indubbia la fatica nell’ordine dell’espressione e dell’uso corrente della lingua degli studenti odierni: incapacità a formulare proposizioni elementari contemplanti il rispetto di quel minimo di ortodossia grammaticale richiesta per delineare un linguaggio corretto; un uso della scrittura che dia dignità e vita al pensiero attraversando trasversalmente le discipline scolastiche per abbracciare tutti gli ambiti della vita. Sono ben conscio delle enormi potenzialità delle tecnologie e di tutte le possibili applicazioni ad esse relative, ma non so se raggiungere questo tipo di compromesso con gli studenti sia realmente sinonimo di qualità oltre che mera sperimentazione. Può essere che la mia identità di storico mi spinga propulsivamente a legarmi al mondo della carta e delle sensazioni tattili e olfattive che essa da sempre mi rappresenta, anche se utilizzo grandemente le nuove tecnologie in sede di ricerca e di pianificazione didattica; ma l’idea di utilizzare in classe videogiochi a fini didattici mi sembra, al momento e per dichiarata ignoranza in materia, un tentativo, buono sì, di rincorrere qualcosa che a detta di molti estranei alla scuola sembra perduta, ma che ai miei occhi non fa che manifestarmi la sua bellezza e straordinaria potenzialità. Quindi la mia titubanza mi spingerebbe ad impiegare e valorizzare l’uso della lingua comunicativa corrente, fatta di sguardi, di non detto, di contemplazione, di fatica interpretativa, di pezzi di carta gettati nel cestino perchè il pensiero non combacia. Quindi, concludendo, utilizziamo sì qualunque mezzo didattico e formativo possibile, sperimentiamo pure ogni dimensione potenzialmente cognitiva, ma non dimentichiamoci che è il discorso, faticoso nella sua costruzione scritta e orale che ci forma e struttura.
22 Dicembre 2009 - 22:53
L’utilizzo del computer, del telefonino, del “giochino elettronico” si trova spesso al centro della discussione nell’ambito dell’educazione, scolastica e non. Molte sono le critiche ed i commenti negativi che sono volte contro l’uso che ne fanno soprattutto i giovani, se non i giovanissimi.
Vorrei a questo proposito soltanto ricordare che molti adulti si ritrovano completamente ipnotizzati durante le incalcolabili ore che trascorrono davanti allo schermo del loro PC senza che facciano qualcosa di utile oppure possano apprendere qualsiasi nozione in quel preciso istante.
Ritornando però alla questione dei piccoli (e meno piccoli), vorrei precisare che, in qualità di mamma, ho sempre limitato l’utilizzo del computer, della televisione o altro aggeggio elettronico. Come per ogni cosa (scusate la frase fatta) bisogna saper trovare un equilibrio affinché il troppo non stroppi! I ragazzi non devono dimenticare come si gioca in società, nel cortile, su un pratone, o semplicemente nel salotto di casa con qualche amico. Questa interazione alimenterà la loro attenzione e la loro voglia di comunicare, risorse fondamentali per riuscire al giorno d’oggi.
Un pò prevenuta, quindi, mi sono avvicinata in questi giorni al mondo dei VG nell’educazione, trovando in diversi siti (ma si rimane delle ore davanti allo schermo!) risposte più che positive a tal proposito. In un articolo del NYTimes del 19 agosto si parla di una ricerca fatta su un campione di studenti rivelatasi a favore dell’apprendimento con il computer perché stimola “meglio di un’istruzione convenzionale”. In un altro articolo, http://it.notizie.yahoo.com/4/20091210/ttc-oitin-videogames-education-fe50bdd.html, si rimanda alla motivazione di apprendere attraverso i VG. Ma un documento decisamente degno di essere consultato é l’articolo di un giornalista, un tale Marco Gasperetti (autore del libro “Computer e scuola. Guida all’insegnamento con le nuove tecnologie”, Apogeo 1998) che ricorda innanzitutto l’uomo in quanto “homo ludens” . Vi rimando quindi alla pagina che a me a colpito a favore dei videogiochi a scuola e vi auguro a tutti un sereno Natale!
http://erewhon.ticonuno.it/arch/rivi/labmulti/giocare/giocare.htm
23 Dicembre 2009 - 11:45
Secondo il mio parere, alcuni videogiochi possono essere utilizzati per fini educativi. Mi riferisco ad un videogioco, uscito qualche anno fa, che potrebbe essere d’aiuto in classe per quanto riguarda le lezioni di scienze. S’intitola Spore (http://www.spore.com/ftl) ed è supportato da PC, Mac e Iphone/Ipodtouch e nintendo DS. Non richiedendo particolari piattaforme (come XBOX e playstation, molto costose) può pertanto essere giocato dalla maggior parte dei ragazzi.
Trovo molto interessante questo gioco perché introduce l’evoluzione (uno degli argomenti di quarta media per le scienze naturali) in modo divertente, simpatico e soprattutto intelligente. Ritengo sia un buon innesco per creare interesse negli allievi verso questo argomento. Infatti è sempre più difficile coinvolgere gli alunni durante le lezioni. Perciò se questo videogioco aiuta a creare una base di curiosità tanto meglio !
In conclusione credo che esistano degli ottimi videogiochi che potrebbero entrare a far parte della didattica. È vero anche che molti altri sono famosi per la loro violenza e che quindi dovrebbero essere banditi. È giusto però mettere in risalto quelli che possono essere utilizzati in classe.
23 Dicembre 2009 - 16:46
Non posso che cominciare dicendo che capisco ed apprezzo parecchio l’intervento di Christian, davvero! È un gran problema, e credo che almeno per una volta fino ad ora abbia toccato tutti quanti noi, indipendentemente dalla materia che proponiamo ai ragazzi. Visitando poi il link messo a disposizione da Patrizia, leggo che le potenzialità dei videogiochi per quanto concerne l’apprendimento a livello cognitivo sono conosciute ai ricercatori e agli educatori da più di vent’anni. Si pensa inoltre che il modo di pensare dei nativi informatici sia sostanzialmente “diverso”, ecco che i giochi seri possono motivare di più l’allievo. Forse però, se ancora non si è arrivati ad un impiego esteso di un tale (e, a questo punto, potente) mezzo didattico, è perché vi sono alcune difficoltà di pura applicazione. Il problema secondo me è riuscire davvero a capire come possa un docente riuscire a sfruttare al meglio questi videogiochi e specialmente come possa integrarli in maniera idonea all’interno del programma scolastico. Oltretutto, per quanto mi concerne, non sono riuscito bene a capire come o chi decide se un gioco possa meritare la definizione di serio oppure no, e su quali criteri si basa questa scelta (anche perché questi criteri sarebbero tantissimi). Si tratta di giochi già esistenti sul mercato nei quali si è intravvisto qualcosa di potenzialmente utile oppure sono giochi creati a pennello per le scuole? O entrambi? Insignire giochi creati per altri scopi di tale titolo trovo possa essere rischioso, bisognerebbe vedere se effettivamente una gran miriade di criteri possa essere soddisfatta e non è facile; senza pensare poi a quanto possa guadagnarci ed approfittarne la ditta produttrice. Nel caso di giochi creati ad hoc, allora le forze andrebbero spese per formare i docenti e per far capire loro come introdurli all’interno del programma, e non è facile nemmeno tutto ciò (un docente dovrebbe sentirlo davvero “suo” il gioco per farlo rendere al meglio a lezione). E poi quanto di pedagogico possa essere contenuto in un videogioco trovo sia qualcosa di molto relativo…dipende sempre da che parte lo si guarda.
Magari in futuro usciranno delle linee guida anche a livello cantonale e si potrà testare l’efficienza dei VG direttamente in classe.
Nel frattempo, cercando alcune risposte, mi sono imbattuto in un paio di siti interessanti:
il primo tratta del rapporto conclusivo del progetto “Games in Schools”, realizzato da European Schoolnet, network di 31 Ministeri dell’Educazione europei, su commissione dell’associazione europea degli editori di videogiochi ISFE
http://www.key4biz.it/News/2009/06/15/Tecnologie/Aesvi_videogiochi_European_Schoolnet_games_in_school.html
Il secondo è un filmato di youtube: VG creati ed utilizzati per scuole, imprese e industrie
http://www.youtube.com/watch?v=CBYQfpoRIVI
l’ultimo invece è il sito ADI (Associazione Docenti Italiani). Dai videogiochi ai giochi seri: analisi del loro crescente uso nell’insegnamento. Contiene alcune interviste molto interessanti.
http://ospitiweb.indire.it/adi/GiocoSerio/gs8_frame.htm
27 Dicembre 2009 - 14:31
A mio parere, l’inserimento dei videogiochi definiti seri nell’intervento didattico, può essere produttivo. Infatti, una volta accertata l’utilità di qualsiasi lezione educativa, è necessaria la strutturazione della stessa in modo che sia coinvolgente ed efficace. Penso di trovarmi d’accordo con tutti nell’affermare che i videogiochi interessano e divertono molto quasi tutti i bambini. La capacità di coinvolgimento di questi è, quindi, in grado di catturare l’attenzione dei bambini in misura maggiore rispetto alle normali lezioni didattiche, ritenute, da molti, noiose. Ne consegue che gli allievi acquisiscano più nozioni e in minor tempo. Qual è un miglior modo di imparare se non divertendosi?
Tuttavia, non posso trascurare il fatto che, passare molto tempo davanti al computer, o più in generale agli schermi, non è salutare e sono tanti i bambini che fanno grande uso dei videogiochi già nell’ambiente domestico. Educare i bambini ad utilizzarli e quindi, il fatto di trascorrere più tempo davanti ad uno schermo piuttosto che nel mondo reale, li limita ad un mondo virtuale, in cui non esistono amici, emozioni vere, profumi ecc. Riconosco che i videogiochi possano essere divertenti, ma questo divertimento, paragonato a quello provato attraverso la compagnia di altre persone, non tiene confronto. Inoltre, mi trovo pienamente d’accordo con le affermazioni fatte da Christian in cui dice che “È indubbia la fatica nell’ordine dell’espressione e dell’uso corrente della lingua degli studenti odierni” e occorre “valorizzare l’uso della lingua comunicativa corrente, fatta di sguardi, di non detto, di contemplazione, di fatica interpretativa, di pezzi di carta gettati nel cestino perché il pensiero non combacia”. Non posso che ribadire il fatto che è indispensabile promuovere la comunicazione orale all’interno dell’istituto scolastico, così come all’esterno. È proprio attraverso questo tipo di comunicazione che si esprimono le proprie emozioni, le proprie paure, i propri dubbi, ecc., non attraverso uno schermo. Quindi, pur riconoscendo l’utilità dei videogiochi in classe, come futura maestra, rimango legata al vecchio metodo educativo, in cui le lezioni vengono condotte dall’insegnante attraverso la comunicazione orale, viene utilizzato il materiale cartaceo ed è sempre presente l’immancabile lavagna.
30 Dicembre 2009 - 14:36
Sono sempre stata molto scettica in relazione ai video giochi, come mamma ho sempre fatto resistenza a farli entrare in casa, ma i ragazzi possono essere molto insistenti…
Se non puoi combatterli allora é meglio allearsi. Porsi degli interrogativi e cercare perché sono così affascinanti. Ho scoperto diverse cose interessanti sui videogiochi.
Primo che in quei mondi virtuali i ragazzi imparano giocando. Sembrerebbe che i principi sui quali si fondano i videogiochi siano presi in prestito alla psicologia dell’apprendimento, in particolare alle teorie di apprendimento programmato di “Skinner”. Attraverso una scomposizione delle difficoltà graduale, con il consequente superamento dei livelli, il ragazzo impara velocemente e ad ogni livello sa qualcosa in più che può subito mettere in azione.
Anche la componente della motivazione non é da sottovalutare. I ragazzi sono molto motivati ad andare avanti, a non molare alla prima difficoltà e penso che questo abbia qualcosa a che vedere con il senso di autoefficacia, descritta da “Bandura”. I ragazzi si sentono in grado di superare gli ostacoli, si sentono di avere le capacità necessarie e sono quindi motivati a superare le prove.
E poi la componente dell’apprendimento pratico il ”learning by doing”, facendo e anche a volte sbagliando (tanto hanno ancora diverse “vite” a disposizione) si apprende senza la paura di commettere errori pregiudicanti.
Videogiochi a scuola? Perché no. Sono sicura che i ragazzi apprenderebbero pensando di giocare.
Qualcuno lo sta già mettendo in pratica, un gruppo di esperti sta sperimentando un videogioco scolastico in una scuola media vicino Parigi. Questo è il filmato su youtube:
http://www.youtube.com/watch?v=hDttNbCJLwc&feature=player_embedded#s
Anche a livello aziendale la questione dei “serious games” come metodo di apprendimento sembra stia crescendo
http://www.docebo.com/doceboCms/page/123/Docebo_labs.html
2 Gennaio 2010 - 21:59
La società odierna ritiene che la maggior parte dei videogiochi siano diseducativi e inappropriati per la crescita di un ragazzo.
Personalmente sono sempre stata d’accordo con questo modo di vedere; però analizzando alcune informazioni (trovate nei link menzionati nei commenti precedenti) riguardanti questi videogiochi seri, ho scoperto che possono essere un metodo appropriato per far apprendere delle conoscenze ad un ragazzo. Secondo i dati trovati, questi ”videogiochi seri” possono essere uno strumento molto efficace se utilizzati in una maniera appropriata.
L’utilizzo di questa metodologia pone il ragazzo al centro dell’attenzione, punto ritenuto fondamentale dalle moderne teorie sull’insegnamento, le quali insistono sul ruolo attivo dell’allievo, che è stimolato a ragionare su quanto gli viene insegnato.
Inoltre, per quanto concerne l’insegnamento delle L2, il Piano di formazione della scuola media insiste molto sull’insegnamento/apprendimento di conoscenze applicabili alla vita reale, al di fuori dell’ambiente scolastico. In questo senso, alcuni di questi videogiochi cosiddetti seri riproducono la vita quotidiana e favoriscono la comunicazione.
Conosco ad esempio dei ragazzi che ritengono di aver migliorato le loro competenze linguistiche, soprattutto quelle di vocabolario, grazie all’utilizzo di videogiochi.
Consiglio la consultazione del seguente link, il quale descrive un esempio, nel Regno Unito, di integrazione dei videogames nel processo educativo:
http://www.tomshw.it/game.php?guide=200610031
Qui si trovano alcuni esempi di videogiochi utili all’apprendimento di una lingua, come ad esempio il famoso gioco My Sims:
http://bilinguepergioco.com/2009/12/09/come-scegliere-i-videogiochi-per-bambini-e-ragazzi/
3 Gennaio 2010 - 20:51
Personalmente sono titubante riguardo l’utilizzo di videogiochi finalizzati all’apprendimento. La mia opinione deriva in parte dalla piena condivisione dell’affettività così ben descritta da Christian Bernardo rispetto ai sussidi didattici tradizionali, dall’altra perché ritengo che i giovani passino già decisamente troppo tempo utilizzando videogiochi, senza bisogno che ne spendano dell’altro a scuola in simili occupazioni.
Non nego che i videogiochi, se pertinenti e ben strutturati, possano essere un valido sostegno per l’apprendimento degli allievi e non escludo la possibilità di utilizzarli in un futuro con i miei allievi visto che la mia materia d’insegnamento, la matematica, possiede innumerevoli possibilità in tal senso, ma penso che esistano dei metodi didattici alternativi altrettanto efficaci. Aguzzando un po’ l’ingegno, non mi sembra difficile poter pianificare delle attività che riescano a fare apprendere gli allievi giocando. Il vantaggio di tali attività è a mio avviso il fatto che gli allievi possano ricavare piacere dalla condivisione del gioco con i compagni e con il docente, e non con uno schermo e una tastiera. Chiaramente la preparazione di attività ludiche e contemporaneamente istruttive richiede non poco impegno da parte dei docenti. È molto più economico in termini di energia portarli in aula di informatica e lasciarli giocare individualmente. Com’è molto meno stancante per un genitore lasciare i figli davanti ad un videogioco invece di appassionarli condividendo con loro attività ludiche, sportive o culturali. Forse potrà sembrare estrema, ma la scelta che mi sembra di dover effettuare riguardante l’utilizzo di videogiochi per l’apprendimento è: privilegiare a tutti i costi l’apprendimento, che in questo caso corrisponde anche ad un risparmio di tempo per il docente, o mantenere e valorizzare la qualità delle relazioni sociali?
Romina Pedroni
4 Gennaio 2010 - 17:10
Questo argomento dei videogiochi seri in classe mi incuriosisce molto perché trovo sia un argomento interessante e che può toccare la maggior parte di noi, in quanto quasi tutti hanno almeno una volta provato a giocare ad un videogioco. Anche io ho giocato e gioco ancora ai videogiochi, ma rispetto a quando ho iniziato a giocare io ho notato un grande cambiamento, perché i bambini oggi iniziano a giocare molto prima, e soprattutto passano molto più tempo davanti a questi giochi, a volte anche violenti e per niente educativi.
I videogiochi sono per la maggior parte dei bambini divertenti e molti di loro passano ore ed ore davanti ad essi. Questa cosa può essere interessante in ambito educativo perché se si dovessero riuscire a creare dei giochi “seri”, ovvero dei giochi che permettano ai bambini di imparare qualcosa, che siano costruttivi, si potrebbe sfruttare il fatto che la maggior parte di loro si diverte e quindi giocando a questi giochi si divertirebbe ma anche imparerebbe. Quindi diventerebbe piacevole per loro studiare e quindi alcune cose potrebbero essere più facili da imparare. In questo modo però si darebbe meno spazio alla comunicazione ed al contatto umano, e questo potrebbe essere un grande problema per la loro crescita.
Questo comporterebbe quindi dei rischi, perché i bambini potrebbero abusare di questi giochi e quindi non servirebbero più al loro scopo iniziale ma verrebbero utilizzati in modo spropositato causando seri problemi. Un altro possibile problema potrebbe essere dato dal fatto che un bambino, dopo aver giocato a questi giochi, li trovi noiosi e quindi voglia giocare ad altri giochi “non seri” ma più divertenti, e che quindi non servirebbero niente alla sua educazione. Oppure potrebbero esserci dei bambini che non si divertono a giocare ai videogiochi e che quindi non trarrebbero vantaggi da questo metodo ma perderebbero solo tempo e magari imparano meno degli altri.
Quindi questo argomento può portare a pareri positivi e negativi, ma in ogni caso bisogna interrogarci su una cosa: questi giochi definiti “seri” porterebbero aiuti ai bambini o creerebbero solo più problemi?
Io sono del parere che se utilizzati in maniera razionale potrebbero anche portare dei vantaggi, ma in ogni caso ritengo che siano migliori i metodi d’insegnamento tradizionali, perché permettono ai bambini di crescere in modo migliore.
4 Gennaio 2010 - 21:36
Il computer è una macchina giocosa soprattutto perché nella forma “home”, casalinga, è un marchingegno dove “girano” i giochi elettronici. Ma quale è l’utilità dei videogames a Scuola? Alcuni programmi hanno scopi didattici non trascurabili (www.smebreganzona.ti.ch e http://www.piccolimatematici.it ) ma per la maggior parte dei giochi in commercio ciò non vale più. Possiamo chiederci se siamo sicuri che questi giochi possano essere d’interesse a tutti gli allievi oppure solo ad una parte della classe ? Non tutti gli allievi sono interessati ai videogames di simulazione anzi li trovano noiosi ! Giochi come Popolous III, Civilization, Age of Empire, Imperium civitas e Caesar, solo per citarne alcuni, secondo me possono risultare molto complicati per una parte di allievi visto il numero impressionante di variabili da tenere conto durante il gioco e non per niente spesso sono consigliati dal produttore per giovani oltre i 12 anni. Programmi più semplici come SimLife danno la possibilità a ragazzi (e adulti) di costruire mondi, civiltà e guidare interi popoli verso l’evoluzione (simile al programma Spore citato da Carlotta Valli). SimLife è un videogioco prodotto dalla Maxis. Il gioco è basato sulla simulazione di un ecosistema; i giocatori possono modificare la genetica di piante e animali che abitano il mondo virtuale e l’obiettivo è quello di creare un ecosistema autosufficiente.Videogames di simulazione possono avere delle potenzialità incredibili ma poi quando si tratta di trasporre alla realtà ciò che è stato “appreso” durante la sessione al computer, quanti saranno in grado di avere uno sguardo critico? Le ore di lezione non sono molte (per concludere un gioco si necessita di alcune ore al computer) e a mio parere vi è il rischio che gli allievi vengano a lezione non per apprendere ma solo per giocare facendo passare la scuola come una grande sala giochi.
5 Gennaio 2010 - 01:34
Mi affascina molto l’idea di utilizzare dei videogiochi “seri” a fini didattici. Ma in questa mia piccola riflessione, partirei dai videogiochi “normali” utilizzati da ragazzi di ogni età. Personalmente non ho mai avuto niente contro i videogiochi “classici” (quelli di sport, di strategia, di avventura ecc.); anzi ritengo che – utilizzati nelle giuste dosi – possano essere utili allo sviluppo dei bambini. Innanzitutto perché sviluppano delle capacità logiche e dinamiche del bambino; poi perché spesso sono giocati in due (e quindi sviluppano capacità comunicative): ed infine non dimentichiamoci che i videogiochi sono sempre il primo passo dei bambini verso la scoperta del mondo dei computer e delle ICT! Naturalmente sono da evitare gli eccessi e il tempo passato dai bambini a giocare ai videogame va limitato dai genitori.
Se un videogioco “serio” utilizzato a scuola di tanto in tanto può aiutare e stimolare gli studenti all’apprendimento, ben venga! Sarà importante però una volta di più il ruolo del docente nel canalizzare e contestualizzare al meglio le competenze apprese dagli allievi in modo che queste risultino davvero utili ed abbiano un “senso” scolastico e pedagogico.
5 Gennaio 2010 - 10:08
Personalmente, l’idea di introdurre i videogiochi in classe come strumenti didattici mi lascia piuttosto perplessa, in quanto ho sempre ritenuto i videogiochi semplici giochi d’intrattenimento. Vorrei quindi portare la mia opinione al riguardo.
Capisco coloro che sostengono che al giorno d’oggi si necessita l’introduzione delle ICT anche nelle scuole, perché gli allievi sono ormai dei nativi-digitali e bisogna adattarsi, ma credo che bisogna comunque cercare di capire quale sia il vero scopo della scuola e il compito che ciascuno (allievi o docenti) deve assumere all’interno dell’istituto.
Personalmente, prima di affermare che bisogna adattarsi alle nuove generazioni, quindi innovarsi, ecc. voglio riflettere un po’ su quel che è stata finora la nostra scuola.
È stata davvero così poco efficiente da dover essere rinnovata attraverso l’introduzione di apparecchiature digitali? I docenti non sono stati o non sono più in grado di trasmettere delle conoscenze nella cosiddetta “vecchia maniera”?
Ebbene io mi pongo queste domande, e penso di poter rispondere, osservando anche gli adulti e gli anziani dei giorni nostri, con un no.
Oggigiorno sembra che se non ci si digitalizza, se non si usano i mezzi più tecnologici del momento, non si è più in grado di ottenere dei buoni risultati nel campo dell’apprendimento.
Io non sono convinta che solo attraverso l’utilizzo delle ICT si possa migliorare la formazione. In molti casi rappresentano sicuramente un vantaggio, velocizzano i tempi come nel caso dell’utilizzo della posta elettronica, o come l’utilizzo di un beamer e di un pc per determinate lezioni, ma penso si debba porre dei limiti.
In un commento di un altro post (vedi) leggevo che i bambini a scuola si annoiano. Beh credo che siamo giunti ad un livello piuttosto basso, se per evitare che i bambini a scuola si annoino la soluzione sia di assecondare ogni loro desiderio. La scuola non ha il compito dell’intrattenimento, e per questo non deve mettersi a “competere” con le nuove tecnologie per restare attrattiva.
Introdurre quindi dei videogiochi nell’insegnamento, pur seri che siano, credo sia poco opportuno. Questi si, attirerebbero forse l’attenzione e la curiosità dei ragazzi, ma penso che non darebbero un consistente aiuto per migliorare la formazione.
Oggigiorno, i videogiochi fanno già parte della loro vita quotidiana, ma a scuola si fanno invece altre cose, esiste un altro tipo di lavoro che deve, secondo me, distinguersi da ciò che si fa al di fuori.
Chiaramente per il docente potrebbero essere dei supporti interessanti, infatti è più semplice e implica un dispendio di tempo molto minore mettere i ragazzi davanti ad un pc e farli giocare, pur in modo serio. Ma credo sia un’argomentazione un po’ poco consolante.
La mia opinione può risultare di stampo tradizionalista, ma sono convinta che per migliorare la formazione non bisogna puntare solo sull’introduzione delle ICT.
Voglio comunque specificare che non sono una contraria alle ICT, anzi, come già accennato in precedenza, ritengo siano molto utili anche a scuola in molte occasioni, soprattutto come supporto al docente per svolgere le sue lezioni (mi riferisco quindi a pc, beamer, lavagna multimediale,..). Rimango un po’ scettica per quanto riguarda appunto i videogiochi o anche i robot (vedi).
6 Gennaio 2010 - 08:19
“Mamma non rompere – Sto imparando”
Mamma.: “Scusa cara. Mi perdoni?”
Bimba: “Sì, ma hai perso un punto vita”
Videogiochi istruttivi o videogiochi distruttivi ?
Ho trovato questo sito particolarmente interessante
http://www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/allegati/alla_prot9967.pdf
PROGETTO “IO & IL VIDEOGIOCO”
CONCORSO PER LE ISTITUZIONI SCOLASTICHE DI PRIMO E SECONDO GRADO
Si tratta di un concorso lanciato nel “lontano” 2007 con l’obiettivo di sensibilizzare le scuole, gli alunni, il personale docente ed i genitori all’educazione dei propri figli attraverso l’utilizzo del videogioco come strumento multimediale per ottenere benefici nell’apprendimento. Ci si rivolgeva agli educatori ed ai ragazzi con differenti finalità:
• far scoprire il mondo dei videogiochi agli educatori, puntando l’attenzione
sugli effetti benefici degli stessi nel corso delle fasi di apprendimento dei ragazzi;
• arricchire la conoscenza degli educatori stessi riguardo un argomento
contemporaneo ed oggetto di numerose discussioni da parte di diversi
ambiti sociali;
• avvicinare i ragazzi ai propri educatori tramite il videogioco che solitamente viene
considerato solo come un passatempo ed uno svago e non come un valido
strumento di apprendimento;
Sicuramente si suggerì un punto di vista diverso rispetto alla polemica comune costruita da persone che reputano i videogiochi un potenziale pericolo per l’educazione.
Credo che genitori, ed educatori in generale, possano trovare anche in un videogioco uno strumento in più per poter guidare la crescita dei ragazzi.
L’influenza positiva di alcuni videogiochi contribuisca ad incrementare alcune facolta’
intellettuali importanti nella fase di apprendimento e dello sviluppo, tra cui:
- il problem solving,
- la capacità di analisi,
- il miglioramento dei riflessi condizionati,
- la capacità di team leadership
- la socializzazione
Se siete curiosi e volete sapere chi vinse e con quali elaborati vi rimando al sito
http://www.mammanonrompere.com/concorso.html
E che dire poi di questo:
Against All Odds: videogame dei rifugiati
http://www.giovani.it/tag/videogioco-istruttivo
Si tratta di un gioco lanciato dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per sensibilizzare i più giovani sul tema dei rifugiati.
Persone in pericolo, costrette a fuggire dal proprio paese per un reale timore di persecuzione a causa della loro razza, religione, nazionalità, per il gruppo sociale al quale appartengono, per le loro opinioni politiche.
Questa la definizione del “rifugiato” contenuta nella Convenzione di Ginevra del 1951.
Il rifugiato non sceglie di spostarsi alla ricerca di migliori opportunità di vita, ma è costretto ad abbandonare la sua casa e a trovare protezione fuori dal proprio Paese.
Da qui nasce l’idea dell’Ufficio dell’Alto Commissario Onu per i Rifugiati (Unhcr) di realizzare il videogioco”Against all Odds”.
Il gioco è disponibile sul sito dell’agenzia delle Nazioni Unite.
“Basta un clic e si apre un mondo sconosciuto, per vivere un’esperienza lontanissima dalle nostre vite”, spiega Katherine Rodriguez-Norman, che ha sviluppato il progetto.
“Anche il target a cui ci riferiamo merita attenzione, perché i giovani cominciano a farsi un’idea sui rifugiati in un’età che va dai 12 a i 15 anni”.
Fine ultimo è proprio questo. Quello di sensibilizzare i giovani, al dramma dei rifugiati, ricreando, interattivamente, la loro difficile esperienza.
Obiettivo evidente fin dalle prime parole che compaiono sulla prima schermata del gioco, in cui campeggia la didascalia: “Gente che vedi ogni giorno, ma che in realtà non vedi veramente. E se fossi tu al posto loro?”.
“Guerra e conflitto”, “Oltre il confine” e “Nuova vita”. Queste sono le tre simulazioni che il navigatore si trova a fronteggiare.
Dovrà rispondere a interrogatori, scappare nel cuore della notte, trovare un interprete, un nuovo lavoro, un appartamento, insomma ricostruire una vita da zero, senza dimenticare mai da dove siete partiti e perché.
Un’emergenza dopo l’altra che coinvolge il giocatore anche con immagini forti. Un’esperienza che mette a confronto con storie vere, raccontate da chi certe tragedie le ha vissute sulla propria pelle.
Le critiche, come ovvio,non sono tardate ad arrivare.
In Norvegia e Svezia è presente addirittura dal 2005, quando è stato distribuito nelle scuole medie per informare e caldeggiare la conoscenza dei diritti umani.
Il gioco, al momento, è disponibile solo nella versione inglese. Quelle in spagnolo, francese, danese, finlandese e islandese saranno disponibili a breve. Mentre non sembrerebbe prevista la traduzione in italiano.
“Negli Stati Uniti – ha dichiarato Tim Irwin, responsabile dell’informazione presso l’ufficio Acnur di Washington – forse è difficile per la gente capire i rischi e le difficoltà che i rifugiati incontrano. Diffondendo questo gioco nelle aule degli Stati Uniti, speriamo di permettere una migliore comprensione del fenomeno, anche se di poco”.
Oltre al gioco, il sito di Against All Odds offre sezioni dedicate agli insegnanti, che possono scaricare lezioni, progetti educativi e altre risorse pedagogiche. Completano il progetto una serie di schede con informazioni maggiori sulle condizioni dei rifugiati politici nel mondo e testimonianze di chi rifugiato lo è stato nel mondo reale.
Non c’è dubbio, a mio parere, che computer e tecnologia si trasformano in mezzi di conoscenza per i ragazzi .
Certo, c’è anche un altro aspetto che bisogna analizzare quando si affronta questo argomento. Ci sono dei videogiochi ripetitivi, scarsamente intelligenti. Quando i media parlano di computer, a volte lo fanno in termini drammatici. E’ il caso in particolare dei videogame, spesso criticati a ragione, per i contenuti violenti, videogiochi pericolosi perché danno un’immagine estetizzante della violenza. La violenza in quei videogiochi sembra bella, facile e soprattutto non se ne vedono le conseguenze negative. Ma è anche pur vero che fra i tanti videogiochi è possibile trovare dei prodotti istruttivi. Si pensi ai videogiochi basati sulla simulazione in cui il ragazzo può essere un personaggio che gira nell’antica Roma, oppure nella New York contemporanea. Ci sono dei videogiochi attraverso i quali, divertendosi, si impara la geografia, si impara a costruire una città, a capire tutte le esigenze che ci sono per farla funzionare. Si pensi ai giochi che puntano sull’apprendimento delle lingue, sulla logica….
Cum grano salis, se può essere utile … perché non giocare?
Angelo
6 Gennaio 2010 - 10:49
Ho letto con attenzione il post ed i commenti precedenti, in particolare quelli di Matteo e Carlotta. Mi trovo completamente d’accordo su quanto espresso, e ritengo che il videogioco possa completare la formazione disciplinare dell’allievo in ambiti ben differenziati, ponendosi degli obiettivi precisi. Però, prima vorrei soffermarmi su alcuni punti, che ho verificato in prima persona.
Personalmente, ho sempre apprezzato i videogiochi di strategia, di ruolo: quelli che vengono definiti giochi intelligenti. E non c’è che dire: intelligenti lo sono per davvero. Ricordo anche la sera in cui mi hanno consegnato Ceasar III: appena tornata a casa l’ho installato: era mezzanotte. Ricordo anche che mi sono staccata alle cinque di mattina. Da allora ho iniziato una applicazione quotidiana a questo avvincente gioco, dedicandogli, quando non avevo molto tempo a disposizione, almeno 2 ore. Il ricordo principale legato a questo gioco è stato, ovviamente, la grande quantità di tempo perso. Certo, io non avevo necessità di studiare i Romani (ero già iscritta alla facoltà di biologia), ma avevo assoluta necessità di tempo e concentrazione, per dedicarmi a studi di altra natura. Alla fine ho deciso di regalare il mio videogioco a chi non aveva le mie stesse esigenze. Ho avuto ancora ritorni di passione per rispettivamente Sim City, Age of Empire, ad altrui giochi simili. Ora però non ne posseggo più.
Tempo fa ho avuto la possibilità di tenere dei corsi di recupero di matematica, dove un ragazzo spiccava tra tutti non tanto per brillantezza, ma per apatia, scarsa concentrazione, asocialità. Ho saputo poi che era stato iscritto in termini di osservatore, poiché la sua partecipazione attiva non era nelle aspettative. Tra le poche domande alle quali mi ha risposto, vi era questa . “Giochi al PC? Quante ore al giorno?” Risposta: “nove.” Mi si obietterà il fatto che questo ragazzino probabilmente ha problemi che prescindono il videogioco stesso, ma le nove ore sono un dato di fatto, e credo che il videogioco gli dia la possibilità malsana di dare corso alle sue problematiche.
So di mettere il dito su una questione che va a pescare direttamente nei luoghi comuni, ma l’esperienza dei fatti comunque mi pone davanti a delle riflessioni, che vorrei risolvere prima di “sdoganare” un uso siffatto del videogioco.
Il gioco al PC è avvincente, veloce, reattivo (basta un click per ottenere un risultato voluto), i colori sono vivaci, il ritmo elevato. La realtà, invece, è nettamente più lenta, meno reattiva: per ottenere un risultato notoriamente bisogna faticare: però è la realtà. Da prossima docente di scienze mi chiedo come posso passare ai ragazzi il concetto dei ritmi della natura, che comprende per ovvie ragioni l’osservazione della stessa, se gli allievi che ho di fronte sono abituati a confrontarsi con una virtualità che ha i caratteri sopra descritti.
Del mio stesso avviso i docenti inglesi, che, per il 70% si dichiarano perplessi come me, ed uno studio dell’università Cattolica del Sacro Cuore http://www.giocoegiochi.com/index.php?id=48601
Trovo interessante il seguente articolo che tocca un tema essenziale: l’eccesso di stimoli prodotti dai videogiochi, internet ed i social network. http://www.ospedalebambinogesu.it/Portale2008/Default.aspx?IdItem=3468
6 Gennaio 2010 - 16:13
Leggendo quanto scritto dalla mia collega Véronique Keller Nappi, in merito alla necessità di una dimensione “umana ”: “I ragazzi non devono dimenticare come si gioca in società, nel cortile, su un pratone, o semplicemente nel salotto di casa con qualche amico. Questa interazione alimenterà la loro attenzione e la loro voglia di comunicare, risorse fondamentali per riuscire al giorno d’oggi.”
In effetti, penso che la dimensione virtuale in cui il ragazzo e l’adulto sono proiettati attraverso i VD e altri strumenti elettronici, possa avere un effetto fortemente alienante. Dimensione in cui il rapporto umano sfugge alla realtà, in cui ognuno può essere chiunque ma nello stesso tempo nessuno, quindi spersonalizzante. Al contrario, penso che le relazioni umane abbiano bisogno di essere vissute secondo i codici tradizionali di socializzazione e convivenza.
Sono anche io dell’avviso che i videogiochi e quindi anche i telefonini, siano usati in maniera spesso eccessiva, come possono stimolare alcune capacità del ragazzo, possono allo stesso tempo inibire, diminuire una motivazione in senso sociale.
Senza comunque demonizzare o toglierne il valore didattico, che parlando da mamma cercherò al momento giusto di usare. Penso che come in altri ambiti, il genitore debba essere preparato a gestire i VG, quindi essere consapevole sull’uso che ne si può fare, aldilà dell’aspetto ricreativo e cogliendo piuttosto quello formativo.
Cari saluti a tutti
10 Gennaio 2010 - 14:16
Sara Pizzino (MIT)
Mentre curiosavo fra i tanti post riportati in questo blog un titolo fra tanti ha più di tutti attirato la mia attenzione “ Videogiochi seri e in classe”. Non è la prima volta che mi accade di soffermarmi a riflettere su questo tema e di informarmi dei progressi e dei pareri altrui. Molte delle persone da cui ho potuto ricevere un parere personale fanno fatica a prendere una posizione ferma riguardo la positività dei videogiochi in ambito scolastico; infatti per riuscirci bisogna cogliere il maggior numero di informazioni possibili e ciò deve essere fatto da persone con posizioni diverse per poter comprendere quanto questi videogiochi possano essere realmente uno strumento positivo.
Anche per me, che tento di tenermi aggiornata riguardo questo tema, è difficile trovare una risposta a questo quesito.
Leggendo questo testo – e quello correlato “ Videogiochi in classe?” – ho notato che il tutto viene rappresentato molto positivamente ma io rimango ancora un po’ diffidente riguardo l’integrazione dei videogiochi – per quanto questi possano essere formativi- nelle scuole. Ma procediamo con ordine.
Come veniva appunto detto nel testo, in passato sia i genitori che la scuola hanno ritenuto che i videogiochi fossero poco validi per diversi aspetti, ma che ora questi iniziano ad essere apprezzati.
Secondo il mio punto di vista ciò è abbastanza normale in quanto molte persone vogliono stare al passo coni tempi e per questo tendono ad accettare questi videogiochi che oramai fanno parte della nostra cultura, la gente non si può infatti ostinare a legarsi al mondo di una trentina di anni fa dove tutto ciò era quasi impensabile, essa deve- se non proprio approvare tutte le innovazioni- tentare di capirne la loro utilità e non svalutarle a priori. Inoltre credo che ciò accada poiché viste le continue evoluzioni questi videogiochi, che vengono in continuazione perfezionati, vengono pubblicizzati in maniera tale da attirare sia il pubblico dei giovani che quello degli adulti e spesso la gente si lascia abbindolare sin troppo facilmente.
Sicuramente le evoluzioni che subiscono queste tecnologie incidono molto sull’utilizzo che può esserne fatto e per questo motivo cambia anche la visione che la gente può avere. Infatti anche nel testo viene detto che prima i videogiochi erano già molto interessanti per quanto riguarda l’aspetto dell’apprendimento e che avevano un referente di tipo costruttivista ma che ora- visti i progressi dal punto di vista tecnologico e multimediale- essi attirano molto di più l’attenzione delle persone. Ma ciò che io ritengo più significativo è il fatto che ora vengano distinti i giochi seri –e quindi “ meritevoli di attenzione a livello educativo, formativo e cognitivo”- dagli altri. Infatti grazie a questa distinzione gli adulti iniziano a percepire anche la parte positiva che questi mezzi possono comportare e non si limitano a vedere i videogiochi come una perdita di tempo per i loro figli.
Tutto ciò ha richiesto del tempo poiché la gente è arrivata a comprenderlo solo dopo molti stimoli, molte persone infatti, dovrebbero ricordare che tutto ciò con cui veniamo a contatto può essere dannoso se utilizzato nel modo sbagliato, bisogna solo saper fare un buon uso di ciò che abbiamo a disposizione.
Inoltre credo che la giornata organizzata dal CTIE durante la quale si è riflettuto sul tema “ Videogiochi, passioni e apprendimenti” e il risultato che essa ha portato – ovvero che parte dei VG (giochi seri) “sono utilizzabili scientemente come strumenti didattici, risultano essere efficaci in vari campi disciplinari, permettendo agli allievi di essere indipendenti, attivi e di studiare a ritmi personali”- possa contribuire molto alla visione che la gente ha di questa innovazione, infatti è molto importante che ci sia chi ne fa una buona pubblicità (al di fuori di chi lo fa per trarne guadagno).
Concludendo, sebbene io pensi che questi VG possano essere realmente utili e stimolanti in ambito scolastico, non bisogna lasciarsi trascinare troppo da questa innovazione; ma bisogna farne un uso moderato. Secondo me è bene accettare le novità a braccia aperte ma rimanendo coscienti del fatto che solo con il passare degli anni in cui i VG verranno portati nelle scuole si potrà realmente comprendere se essi hanno un rilievo positivo e quanto siano fondamentali a livello educativo. Sicuramente non si deve spazzare via ciò con cui ci siamo trovati per anni ma bisogna integrare questa originale tecnica educativa a quelle che per molto ci hanno permesso di formare delle persone.