Apprendere, formarsi, comunicare ed essere critici con le ICT
Videogiochi in classe?
Da anni seguo l’evoluzione dei videogiochi(VG). Perlomeno di quelli potenzialmente interessanti per l’apprendimento.
Già alla fine degli anni ‘80 sul mercato apparvero dei VG che dal mio punto di vista erano molto interessanti. Il loro referente psico-pedagogico (nella formazione, tutto si potrebbe ricondurre a uno o più referenti psico-pedagogici) era di regola quello costruttivista, che vede il giocatore alle prese con progetti/problemi/situazioni da manipolare in modo libero e cognitivamente interessante: attore delle proprie scelte, in questo caso ludiche.
A partire da questi anni, i VG sono notevolmente progrediti dal punto di vista tecnologico-multimediale. Ora sono molto attrattivi, sempre più apprezzati e il fatturato che generano è impressionante.
Per quanto concerne la formazione e l’apprendimento, il filone costruttivista di riferimento ha permesso la creazione di VG molto interessanti, alcuni dei quali hanno scalato le vette della hit-parade dei più venduti e sono a mio parere da conoscere, nelle loro architetture tecnica e ludica.
Non entro nel dettaglio; altri post saranno redatti sull’argomento. Con queste righe mi preme presentare la giornata di riflessione sul tema “Videogiochi, passioni e apprendimenti“, organizzato da CTIE il venerdì 28 agosto 2009 a Berna che ha come scopo il dimostrare come i VG siano anche integrabili nell’insegnamento e utili per la formazione e per l’apprendimento. Al colloquio “Videogiochi, passioni e apprendimenti” seguirà una giornata di esposizione e di presentazione di VG, nel quadro della mostra svizzera del gioco “SwissToy/E-Games” à la Bea expo di Berna il 3 ottobre.
Per chi volesse saperne di più sulle relazioni della giornata, consulti questa pagina.
Informazioni in francese | scaricare la locandina | Iscrizione al congresso
17 Ottobre 2009 - 13:24
Sono ancora in molti coloro che pensano che i videogiochi non possano trovare nobile applicazione anche nel campo dell’educazione e dell’apprendimento.
Tuttavia, al giorno d’oggi, lo sviluppo della tecnologia virtuale trova sempre più vaste applicazioni. Non è un caso che parecchi docenti abbiano così pensato di sfruttare queste nuove applicazioni per l’apprendimento dei propri allievi in modo sicuramente molto più divertente.
È anche vero che non tutti i videogiochi sono adatti a tale scopo. Bisogna innanzitutto procedere ad un’accurata selezione di questi stabilendo da subito le potenzialità e gli obbiettivi che si vorrebbero raggiungere e di conseguenza scegliere un particolare videogioco anziché un altro. A seconda della materia di interesse si hanno svariate possibilità di selezione.
Si riportano di seguito alcuni esempi, con i nomi dei videogiochi stessi, per i diversi ambiti.
Capacità personali e comunità
Sim City 4: ai giocatori è richiesta la gestione delle finanze, l’aumento delle risorse e la collocazione delle città. Agli studenti è data la possibilità di costruire la propria città negli ambienti più svariati, di gestirne la collaborazione con le città vicine e di seguire la vita dei cittadini. Questo videogioco fornisce indubbiamente una maggiore comprensione di come le città e le comunità vengano gestite oltre ad una visione dell’impatto delle città stesse sull’ambiente.
Storia
Age of Empire III: questo videogioco insegna allo studente come gli imperi nascono e cadono in tutto il mondo. L’epoca storica è compresa tra Medioevo e diciannovesimo secolo.
Geograficamente è ambientato in Europa e nord America. Inoltre sensibilizza anche sulla civilizzazione. Gli studenti saranno confrontati con le strategie militari, con lo sviluppo delle risorse e l’espansione delle società nel mondo.
Logica e scienza
Chemicus: in questo caso gli studenti sono sottoposti a tutta una serie di problemi legati alla scienza. Vengono presentati numerosi enigmi legati ad esempio alla chimica. Si richiede quindi di apprendere ed applicare delle conoscenze che serviranno poi per giungere in modo facilitato alle soluzioni dei quesiti.
Quanto mostrato è solo un assaggio delle pressoché infinite possibilità di scelta e di utilizzo dei videogiochi. Sono di conseguenza molto favorevole all’utilizzo di questi al fine dell’apprendimento. Mi auguro che sempre più docenti possano riconoscere ed apprezzare le enormi potenzialità che i videogiochi, opportunamente selezionati, offrano sfruttandone le potenzialità per facilitare l’apprendimento degli allievi.
21 Ottobre 2009 - 16:46
Per aggiungere spunti di riflessione a questo tema molto interessante ho percorso il web alla ricerca di prodotti che avessero un legame più diretto con l’insegnamento e l’apprendimento rispetto ai già citati Age of empires o SimCity, caratterizzati da una prevalente componente ludica. Questi giochi potrebbero rientrare in una programmazione didattica, ma una loro applicazione funzionale all’apprendimento è difficilmente governabile dal docente. Ciò vale soprattutto se si osserva la situazione attuale della scuola: l’introduzione del materiale videoludico in classe è ancora assente e la maggior parte degli insegnanti non ha dimestichezza con i videogiochi.
Durante la ricerca su internet mi sono imbattuto in un gioiellino: Peacemaker; gioco in cui si veste i panni del presidente palestinese o del primo ministro israeliano e si cerca poi di trovare una soluzione pacifica al conflitto tra i due popoli, senza però scontentare i numerosi attori in gioco. Incuriosito dalla descrizione del gioco ne ho scaricato la versione dimostrativa (http://www.peacemakergame.com) e l’ho sperimentata. Illustro brevemente la mia esperienza quale comandante del popolo palestinese per farne risaltare le qualità educative e formative.
Dato che l’obiettivo finale è la pace, ho immediatamente assunto il ruolo di paciere e ho cercato di aprire delle trattative con Israele… Non l’avessi mai fatto: la fazione estremista Hamas ha fomentato ribellioni nella Striscia di Gaza, Israele ha rifiutato la proposta e la mia popolarità è calata bruscamente. Ho cambiato strategia: ho parlato al mondo con pugno duro minacciando apertamente Israele. I palestinesi mi hanno rivalutato, però lo stato ebraico, ONU e Stati Uniti si sono risentiti e hanno segnalato imminenti sanzioni economiche. La soluzione pacifica è raggiungibile, però il tragitto è lungo, tortuoso e difficoltoso.
Peacemaker è un gioco realistico, vi sono addirittura numerosi video che illustrano fatti di sangue realmente avvenuti negli ultimi anni in Medioriente; una sua applicazione in una classe di liceo, ad esempio durante una lezione di storia, può generare discussioni di alto livello e rendere consapevoli i singoli allievi della complessità di un problema che è al centro dei riflettori internazionali da decenni. Lo sguardo dall’interno e l’immedesimazione avvicinano lo studente al nucleo della questione più di qualsiasi altro strumento didattico.
Un’ultima osservazione: aggiungo la saga Civilization, giunta al quarto capitolo (http://www.2kgames.com/civ4), ai titoli citati da Alessio; malgrado la difficile applicazione effettiva in una classe, questi videogiochi contengono comunque una buona potenzialità didattica.
17 Dicembre 2009 - 17:04
La questione dei videogiochi nell’ambito della scuola è sicuramente molto interessante. Personalmente sono d’accorto con quanto detto sopra: vale a dire che esistono dei videogiochi che possono favorire l’apprendimento. Certamente è necessario scegliere dei giochi che siano realmente utili, il che non è sicuramente semplice. Dal punto di vista della mia disciplina, la storia, esistono sicuramente diversi giochi che in qualche modo possono stimolare l’apprendimento. Si faceva l’esempio di Age of Empires 3 che è sicuramente ben curato dal profilo storico.
Le mie perplessità legate ai videogiochi a scuola nascono dal fatto che non riesco bene ad immaginare in che maniera si potrebbero proporre agli allievi, vale a dire come si possono concretamente utilizzare questi giochi. Riesco difficilmente ad immaginare una classe in aula di informatica a giocare al PC. Inoltre se si tratta di giochi come Age of Empires, per riuscire a districarsi bene e cogliere qualche aspetto storico del gioco, sono necessarie diverse ore di gioco e questo può essere sicuramente un problema.
In ogni caso credo che valga la pena di mantenere un occhio di riguardo sull’evoluzione dei videogiochi e sulla loro possibile sperimentazione a scuola. Questo perché, a mio modo di vedere, i videogiochi hanno delle grandi potenzialità. Prima di tutto stimolano la curiosità e l’interesse dell’allievo e secondariamente gli permettono di fare un lavoro di ragionamento molto efficace dal punto di vista pedagogico.
Se si vuole proporre un’attività di questo genere la cosa fondamentale è mantenere bene inquadrati gli obiettivi che si vogliono perseguire. Le attività devono dunque essere preparate nei dettagli di modo da condurre verso gli obiettivi prefissati, da evitare eventuali spiacevoli problemi e soprattutto da evitare che l’attività diventi un maniera comoda e tranquilla per far passare il tempo a scuola. Altrimenti l’attività si rivelerebbe non soltanto inutile, ma anche dannosa per l’autorevolezza del docente e per l’immagine della scuola verso l’esterno.
19 Dicembre 2009 - 17:31
Mi riallaccio a ciò che ha scritto Andrea riguardo alla difficoltà di portare giochi come Age of Empire o Civilization in una classe a causa della loro lunga durata. Oltre a questo personalmente non credo che i videogiochi di strategia in tempo reale (RTS) o a turni (TBS, in questo caso però meno) siano i più adatti dal punto di vista didattico perché richiedono delle scelte veloci a discapito del ragionamento. Civilization ha una pecca che può avere delle conseguenze importanti dal punto di vista didattico: un giocatore esperto può avere delle armi da fuoco prima dell’anno mille!
Matteo ha citato Peacemaker e a mio avviso ha centrato il genere di gioco che può essere utilizzato in Storia con successo: il gioco di ruolo (RPG). Con questo genere di videogiochi ci si può immedesimare appieno in un personaggio e lo si fa evolvere avendo però delle restrizioni. Un genere di RPG che si è fatto strada negli ultimi anni grazie allo sviluppo di internet è l’MMORPG (Massively Multiplayer Online Role Playing Game) e a mio avviso è questo genere che può veramente essere utile all’interno di una classe. Con questo genere di videogiochi tutti gli allievo possono giocare nello stesso momento e devono interagire per riuscire a fare evolvere il proprio personaggio. Ci sono già alcuni MMORPG che hanno come scopo il far evolvere il proprio personaggio all’interno di una società storica, ad esempio I Regni Rinascimentali porta il giocatore a far evolvere il proprio personaggio all’interno della società del 1457 (http://www.iregni.com/ ), ha però il problema di essere molto lungo.
Un’interessante RPG è Human-epic (http://www.human-epic.com/), il problema è però che in questo caso si è tralasciato il rigore storico per riuscire a fare evolvere il proprio personaggio dalla preistoria fino ai giorni nostri.
Per concludere brevemente posso dire che a mio avviso i migliori giochi utilizzabili per una didattica della Storia sono gli RPG o i MMORPG dove gli allievi possono sentirsi parte del mondo virtuale in cui evolve il loro personaggio. Ad oggi però non mi sembra esistano dei giochi che possano essere utilizzati efficacemente perché sono tutti sviluppati per dare parecchie ore di gioco agli utenti. Una mia speranza (in Ticino qualcosa già si muove con lo sviluppo di World of worlds presentatoci brevemente dal prof. Beltrametti venerdì 18 dicembre 2009) è che in futuro si riesca a sviluppare dei videogiochi proprio per la scuola, ma che abbiano una grafica e uno svolgimento accattivante come quelli che sono in commercio.
Riccardo Canonica
19 Dicembre 2009 - 22:32
Vorrei aprire il mio intervento con una premessa; è innegabile che la tecnologia multimediale fa sempre più presa sui giovani d’oggi i quali, come tutti ben sappiamo, sono dei veri e propri nativi digitali. Pensare di voler avvicinare questi giovani al mondo della cultura e dell’informazione attraverso l’impiego di questi nuovi strumenti digitali (in particolar modo dei videogiochi) sembrerebbe quindi la scelta più azzeccata dal profilo didattico in quanto il loro interesse è potenzialmente molto incrementabile. Mi domando però se tale scelta sia effettivamente la migliore anche dal profilo pratico, ossia una volta che va concretamente proposta all’interno di un sistema scolastico a dei (pre)adolescenti fra gli 11 e i 15 anni.
Il mio parziale scetticismo nell’adottamento dei videogiochi all’interno di un sistema classe nasce in primo luogo dal fatto che non è applicabile per la mia materia (l’inglese) se per videogioco intendiamo la sua traduzione più strettamente letteraria. Sarebbe infatti alquanto presuntuoso impostare la modalità inglese di un videogioco quale ad esempio Peacemaker e pretendere di volerne ottenere un qualche genere di apprendimento linguistico da parte degli allievi poiché credo che non si andrebbe molto lontano dall’assimilazione di alcune parole chiave quali start, go o next level. Se per videogioco si allude invece anche all’esercitazione di tipo ludico effettuabile in rete su siti quali http://www.ego4u.com o http://www.nonstopenglish.com allora il discorso prende tutt’altra forma, tant’è che molti colleghi sono favorevoli al suo impiego già da diversi anni. Al di là di ciò, mi riesce però difficile pensare all’utilizzo di un videogioco nell’apprendimento pratico di una qualsiasi lingua straniera se non per quanto già descritto sopra. In aggiunta alle considerazioni fin qui elencate bisogna poi tener presente che se da un lato il videogioco potrebbe essere potenzialmente vantaggioso per lo sviluppo disciplinare di alcuni studenti, dall’altro potrebbe magari anche non esserlo per quello di altri, specie per quegli allievi solitamente più analitici e riflessivi.
Pur riconoscendo la potenziale finalità educativa di un videogioco la mia conclusione si ricollega in maniera pressoché identica a quella già espressa da Andrea, in particolar modo per quel che concerne l’immagine della scuola verso l’esterno. Aggiungerei piuttosto che l’impiego di uno strumento digitale come il videogioco per fini didattici potrebbe forse essere si applicabile per alcune materie ma in maniera estremamente differenziata fra loro e ovviamente in funzione degli obiettivi che ci si prefigge.
Mauro
24 Dicembre 2009 - 10:13
Ciao a tutti,
Mi permetto di aggiungere qualche riflessione sul tema dei videogiochi, tema molto interessante. Come detto in precedenza, anche io ritengo importante fissare gli obiettivi che si vogliono raggiungere per le attività realizzate con dei videogiochi a scuola. In effetti, è più utile giocare avendo un obiettivo.
Bisogna anche scegliere con attenzione i giochi i più appropriati tenendo in considerazione le caratteristiche del gioco, gli obiettivi d’apprendimento, cosa si vuole raggiungere, le capacità che si vogliono sviluppare, la fascia d’età degli allievi e le loro caratteristiche.
Un problema che si incontra con gli allievi è la mancanza di motivazione e di voglia nel realizzare gli esercizi proposti. Mi sembra che a questo livello, i videogiochi possano essere utili e rappresentare una fonte di motivazione per gli allievi. Ovviamente, i videogiochi non sono “la” soluzione, ma potrebbero essere una delle soluzioni alla mancanza di motivazione da parte degli alunni. Si potrebbe immaginare di introdurre qualche ora sull’arco dell’anno durante le quali gli allievi possano scoprire e utilizzare diversi videogiochi “seri”. In effetti, mi sembra che tocca a noi docenti, di far riflettere gli allievi sui videogiochi aiutandoli a essere critici nei confronti di questi ultimi.
Però, non dobbiamo dimenticare i problemi d’ordine finanziario riguardante la necessità di acquisire computer. Ma come abbiamo visto durante il corso ICT, la maggioranza delle sedi hanno delle aule d’informatica con numerosi computer (in media 27 computer per sede). Dunque, l’introduzione dell’uso dei videogiochi è legato alla filosofia delle sede riguardante l’uso dei videogiochi a scuola e non per problemi di ordine tecnico e finanziario.
Per concludere, se rifletto alla mia materia, la geografia, quest’ultima si presta specialmente bene all’utilizzo dei videogiochi a scuola. In effetti, esistono tantissimi videogiochi che permettono di sviluppare conoscenze diverse (http://www.absoluflash.com/jeux-educatif/ ), senza dimenticare il famoso videogioco legato alla gestione di un territorio: Sim City. Quest’ultimo è molto elaborato e potrebbe essere usato come complemento a delle lezioni riguardanti la gestione di un territorio per esempio.
Esistono pure dei videogiochi per conoscere gli stati europei, i cantoni svizzeri, le lingue svizzere,…
Un caro saluto a tutti.
Pascal
3 Gennaio 2010 - 16:27
Leggendo alcuni commenti già effettuati riguardo a questo tema posso dire che, se da un lato sono perfettamente d’accordo con la maggior parte delle affermazioni, dall’altro mi permetto di aggiungere alcune riflessioni personali.
Innanzitutto vorrei fare una premessa: io non considero i videogiochi degli strumenti del tutto positivi e utili alla crescita di un bambino, soprattutto per quanto riguarda la prima parte della sua vita.
Infatti, nonostante i ragazzi al giorno d’oggi vengano considerati dei nativi digitali credo che, dare in mano ad un bambino di 4 o 5 o 6 anni dei videogame, sia poco costruttivo e in un qualche modo penalizzante, non tanto per la crescita intellettuale in sé, bensì per la crescita e lo sviluppo di ragionamenti e procedure scritte.
Sicuramente i videogiochi possono essere costruttivi e utili per l’apprendimento scolastico se riguardano esercizi matematici, di grammatica, ecc. ma purtroppo credo che i bambini utilizzino, già fin troppo, qualsiasi sorta di videogioco all’interno delle mura di casa.
Con questo non si vuol incolpare nessuno, ma allo stesso tempo credo che un minimo di responsabilità debba essere attribuita anche ai genitori.
Dal mio punto di vista, come già detto, l’utilizzo di questi videogiochi in ambito scolastico potrebbe avere dei lati positivi per l’apprendimento dell’alunno. Potrebbe essere un ottimo strumento di studio per molti bambini ma allo stesso tempo potrebbe essere un ostacolo per altri.
Proprio per questo motivo, il compito più importante spetta al docente, il quale deve prestare attenzione al non sottovalutare questi strumenti. Al contrario, deve avere una conoscenza tale che gli permetta di affrontare qualsiasi situazione perché non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando pur sempre di giochi.
In conclusione, credo che introdurre questi videogiochi in classe non sia del tutto sbagliato anzi, ma l’importante è che ci sia un senso di responsabilità da parte del docente per quanto riguarda il come, quando, ma soprattutto cosa utilizzare.
5 Gennaio 2010 - 12:07
Videogiochi? Il solo sentire questa parola mi fa rabbrividire. Nei discorsi dei nostri giovani sentiamo parlare solo e unicamente di videogiochi. Essendo una “futura” docente di Ed. Fisica sono maggiormente sensibile a questa problematica in quanto mi ritrovo troppo spesso di fronte a ragazzi con una motricità limitatissima: a ragazzi che non sono più in grado di arrampicarsi, di correre, di saltare la corda, di giocare con i compagni senza azzuffarsi. Attribuisco queste difficoltà ANCHE al fatto che i bambini sono per lo più di fronte al computer o al televisore piuttosto che fuori in giardino o nel bosco a giocare con gli amici. I videogiochi sono oltretutto anti sociali, riducono la possibilità di confronto, di relazioni e creano situazioni di conflitto quando poi i ragazzi sono obbligati a collaborare.
Ovviamente i videogiochi a carattere didattico di cui si parla nella trattanda del blog, hanno un valore educativo che non ritroviamo nei giochi di guerra, di azione e di sport. Ma è veramente necessario porre i ragazzi di fronte ad uno schermo anche a scuola? È educativo incitarli ad evitare di rinchiudersi in casa davanti al computer e poi sottoporli a giochi interattivi in classe?
Percepisco che l’utilità di questi videogiochi sia grande nelle lingue, materia in cui l’interattività permette la pratica, indispensabile all’apprendimento. Ma perché non incrementare le attività in cui gli allievi sono “veri” attori, come per esempio scambi linguistici, incontri con persone straniere, teatri, film, interviste,…?
Credo che ricercare attività alternative motivanti sia uno stimolo anche per il docente, che ha la possibilità di mettersi in gioco e di sperimentare nuovi metodi d’insegnamento. Cosa c’è d’interessante nel lavoro di docente, quanto si limita ad inserire un DVD e lasciare che i ragazzi interagiscano solo e unicamente con una macchina che assorbe il ruolo dell’insegnante?
Se vogliamo inserire una dimensione ludica nelle nostre lezioni facciamo funzionare la fantasia non decliniamo questa responsabilità a un computer che permea già a sufficienza il nostro vivere quotidiano. Ciò nonostante, so quanto possa essere difficile motivare certi tipo di allievi e l’utilizzo di strumenti tecnologici può essere un sicuro punto di contatto con loro. Se questa è l’unica soluzione per fare progredire anche i più ostili all’apprendimento, perché non usufruirne? Credo che come tutti i metodi, sia importante non abusarne e cercare di renderne l’utilizzo variato ed alternato ad altre forme d’insegnamento e soprattutto è importante educare i ragazzi alle conseguenze degli eccessi e all’uso appropriato di questi mezzi.
5 Gennaio 2010 - 16:00
Ciao a tutti! Dopo aver letto i diversi commenti su questo tema posso dire di trovarmi un po’ combattuta. L’esempio di videogioco portato da Matteo Rossi mi sembra davvero interessante (sicuramente più per una classe di lieco che per le scuole medie) perché può essere un modo per avvicinare i ragazzi ad un argomento che altrimenti conoscono solo nella teoria e che, probabilmente, per i più rimane molto lontano e astratto. Sicuramente, anche se non sono per nulla esperta sull’argomento, ci saranno molti altri giochi interessanti e stimolanti che potrebbero essere uno strumento didattico valido quanto gli altri.
Però a questo punto mi sorge una domanda: se i ragazzi passano già numerose ore davanti a uno schermo quando sono a casa, perché a scuola non trovare altre soluzioni? Perché, invece di dire che i videogiochi sono utili per motivare i ragazzi in quanto a loro familiari, non trovare qualcosa che li stimoli perché nuovo e sconosciuto?
Personalmente, insegnando italiano, ritengo che i ragazzi abbiano un immenso bisogno di comunicare, di interagire con gli altri e di crearsi un proprio pensiero, una propria capacità di esprimere le opinioni e di gestire le proprie emozioni nel confronto. A mio avviso, i ragazzi hanno davvero bisogno di costruire delle relazioni affettive e di rapportarsi agli altri. La classe non è il posto privilegiato per questo alla SM? Non è proprio lì che si impara a discutere in modo pacifico con gli altri, a difendere le proprie idee o a modificarle se qualcuno ne ha una migliore?
È possibile tutto questo con i videogiochi? Secondo me la risposta è negativa e quindi penso proprio che, soprattutto alla SM sia necessario trovare qualcosa di alternativo a queste nuove tecnologie per arrivare ad interessare e motivare i ragazzi senza per forza dover usare un mezzo a loro così familiare. Pensare che essendo nativi digitali debbano assolutamente essere interessati solo a qualcosa che si trova dietro ad uno schermo mi sembra riduttivo nei loro confronti e anche nei confronti dell’insegnante che diventerebbe così non più un mediatore tra il sapere e i ragazzi, una persona che li aiuti nel difficile processo di apprendimento, ma solo un sorvegliante.
Nel passato, con l’idea dell’insegnamento programmato, si aveva già provato a trovare un metodo che consistesse nel suddividere la materia in piccole parti in modo da far procedere l’allievo a tappe, senza mai incorrere nell’errore (un po’ come gli schemi dei videogiochi). Ci si era però resi conto che questo sistema, che forse funziona bene per le lingue, in realtà era monotono e che per alcuni allievi era frustrante non sbagliare perché così non venivano motivati. Questo credo si possa riallacciare al discorso sui videogiochi. Pur essendo sicuramente attrattivi agli occhi dei ragazzi penso che potrebbero risultare un po’ frustranti.
13 Aprile 2010 - 14:00
La bontà dell’uso di un videogioco nell’insegnamento è confermata, semmai ce ne fosse ancora bisogno, dal fatto che anche la Fondazione Nobel mette a disposizione sul proprio sito parecchi “Educational games” (http://nobelprize.org/educational_games ).
In totale la Fondazione Nobel ha creato 44 giochi seri distribuiti su tutte le discipline per le quali esiste il premio Nobel: fisica (17 giochi), chimica (4), medicina (17), letteratura (2), pace (3) ed economia (1).
I giochi che ho testato sono presentati in modo semplice, in inglese. La lingua potrebbe essere un limite ma anche uno spunto affinché si affronti un insegnamento interdisciplinare: perché non affrontare questi giochi in collaborazione con il docente di lingua inglese? Da una mia ricerca su Internet, mi sono accorto che la materia degli “educational games” è ricca di giochi e suggerimenti per quanto riguarda la lingua inglese e francese, rari quelli in italiano.
Per quanto riguarda la mia materia, l’economia, la Fondazione propone un gioco solo. Peccato. Penso che in economia, scienza nella quale è praticamente impossibile effettuare degli esperimenti reali per valutare interventi economici, utilizzare un videogioco serio per simulare la realtà potrebbe servire a risolvere questo problema.
Da ultimo vorrei sottolineare alcuni problemi che ho incontrato nel cercare di affrontare un insegnamento con i videogiochi seri. 1) Spesso le competenze possedute dal docente nei videogiochi sono scarse e dunque vi è un’asimmetria di conoscenze nei confronti degli allievi; 2) alle competenze generali va aggiunta la conoscenza del videogioco affinché possa venir spiegato agli allievi, ma soprattutto se ne possa cogliere il senso; 3) la necessità di preparare o adattare le dispense al nuovo strumento didattico; 4) la verifica dell’assoluta correttezza ed oggettività del messaggio trasmesso attraverso il videogioco. I videogiochi proposti dalla Fondazione Nobel sono al di sopra di ogni sospetto ma andrebbero verificati i giochi scaricati da Internet; 5) come per ogni lezione è necessario tirare delle conclusioni, affinché non sia solamente un gioco, ma vi possa essere apprendimento.
I “problemi” qui elencati sono risolvibili qualora venisse data la necessaria priorità a questo nuovo strumento didattico e venisse assegnato al docente il tempo necessario per integrare i videogiochi seri nel proprio insegnamento.